venerdì 29 luglio 2016

E ANCHE QUESTA E' FATTA


Ecco il pancino nuovo di Ric
direttamente dal profilo Istagram
del tatuatore





E questo è il mio Micio,
tutti i mici che sono uno
(con le iniziali L Q B A sotto la coda)


Molto contenti entrambi, io di aver completato la decorazione corporea con la fetta pelosa della famiglia e - incidentalmente - di aver passato un pomeriggio rilassato, tranquillo, scherzoso, allegro e gratificante con mio figlio, per una volta tanto.


Lui orgogliosissimo della sua scritta, di come è venuta, di quanto è figa (!) di aver gestito il dolore, che per lui è stato davvero tanto, talmente bene da aver consentito ad un attonito tatuatore di finire un lavoro da tre ore in metà del tempo. "Oh ma sei una roccia, non ho mai visto una roba del genere in vita mia!" continuava a dirgli, complice secondo me anche il fatto che essendo Ric un ragazzino probabilmente il tatuatore era partito con aspettative di frignate e continue interruzioni.


Insomma. Devo dirvelo?
Tutti e due stiamo già pensando al prossimo :-D





giovedì 28 luglio 2016

mercoledì 27 luglio 2016

DI DOMANDE ED OFFERTE

Ieri pomeriggio il Ric mi ha chiesto, con buona dose di facciadibronzo peraltro, di poter uscire la sera, perchè un suo caro amico parte oggi per tutto il mese e desiderava salutarlo.
Comprensibile.
A. è uno dei suoi migliori amici, ha i genitori separati e la mamma vive in Spagna.
Ogni estate sparisce per 4-5 settimane.


In seguito al delirante discorso in chat di cui ho dato ampio conto due giorni fa, avevamo stabilito che lui proprio proprio proprio la mattina non può studiare, perchè proprio proprio proprio non ce la fa. E che se lo avessi costretto lo avrebbero bocciato per colpa mia (muahahahah) e pertanto gli avevo dato libera scelta se dormire la mattina e studiare la sera o vedere lui cosa diavolo preferiva fare. Sempre fermo restando che lo scopo ultimo di questo cambiamento è l'ottimizzazione dello studio, e non il fatto che lui potesse uscire la sera. Il permesso di uscire la sera in settimana NON ce l'ha (salvo eventuali eccezioni). Ieri mattina ha dormito e cominciato a studiare verso le 10.30, invece che alle 9.00. Quindi doveva recuperare circa 1 ora e mezza.


Arriviamo a casa verso le 17 e gli dico: dunque? vuoi uscire? Bene, puoi uscire se studi da ora fino alle 20. Mi guarda stranito. Ma come fino alle 20? E' troppo, devo recuperare solo un ora e mezza.
- Amore mio - lo richiamo suadente - hai familiarità col concetto di legge della domanda e dell'offerta?
- Si certo (ride). C'è la domanda, io creo l'offerta.
- Ehhhhmmmm no, quello li è un ottimo principio commerciale ma mi riferivo ad altro.
- (perplesso e un filo preoccupato) Cioè?
- Bene, in sostanza quando un prodotto è molto desiderato, cioè c'è molta domanda, il suo prezzo sale perchè tutti lo vogliono e sono disposti a pagare molto per averlo. Ora io ho qualcosa che tu vuoi parecchio, cioè il permesso di uscire stasera, e siccome in qusto caso sei tu la domanda, il prezzo lo faccio io. Il prezzo è che studi fino alle 20. Altrimenti ciccia.
- No, fino alle 20 è troppo.
- Benissimo non c'è problema, non paghi il prezzo, non compri il prodotto. Recuperi la tua ora e mezza e non esci....
- No vabbè ma....
- ... e sta poi a te chiamare A. e dirgli che la sua amicizia non vale un'ora in più di studio. Fai tu.
- Si, no, ma... er... argghh... maporc....


Questo è quello che intendo per "guadagnarselo".
E che cazzo.
Ora io lo so che non tutti vedranno di buon occhio questa negoziazione sui tempi di studio e il compimento del proprio dovere, che dovrebbe capire da solo quello che deve fare, che è grande e dovrebbe essere più responsabile ecc ecc ecc... però ragazzi, si lavora con la creta che si ha.
Se al momento la mia creta richiede questo, che sia. Alla fine ha studiato di più, che male non fa.

...
...
...
Però che vita difficile.

SESSO OPPOSTO



Stamattina un amico mi ha mandato questa:







Ecco.

Io scriverei il mio nome nella neve facendo pipì!


Voi?

:-D



martedì 26 luglio 2016

STA FOTTUTO

Ora per l'amor del cielo, uno becca tre materie e son tutti cazzi suoi, mica no.
Ma ho dato un occhio ai calendari d'esame.
Questo quanto ho appurato:


Italiano: 2 settembre ore 8-10
Matematica: 2 settembre ore 10-11.30
Storia: 2 settembre ore 14.00
Altri orali: 2 settembre ore 15.30


La terza la vediamo col binocolo.

lunedì 25 luglio 2016

DI CONVERSAZIONI DELIRANTI


Il regime di Riccardo in vista degli esami di settembre è il seguente:


- sveglia ore 7:00
- va dalla nonna con suo fratello
- studio 9-12 e 14-16
- io arrivo alle 16 circa e li riporto a casa
- esce - o anche no - verso le 17.00
- sera in casa e a letto presto, tranne ven e sab, come se ci fosse scuola.


Stamattina mi sta tormentando con la seguente delirante conversazione (le parentesi sono mie)


Ric: Mamma, da domani facciamo che la mattina dormo e vado dalla nonna per pranzo, così studio nel pomeriggio e dopo pranzo poi quando arriviamo a casa, così posso uscire la sera e no ho sempre sonno.
Puff: No.
Ric: eh, invece si
Puff: No
Ric: ma la mattina ho sonno e non mi concentro
Piff: Vai a letto prima la sera
Ric: Ierisera sono andato a letto alle 21:20 rassegnati hai avuto un'idea del cazzo (!) Pazienza, ora rimedia.
Puff: La sera non esci. Se vuoi puoi andare dalla nonna come fai ora, buttare la mattina dormendo, e poi studiare pomeriggio e sera. Vedi tu. Per me, se ti dai una bella svegliata è meglio, ed è meglio pure se ti rassegni che la tua estate è finita
Ric:Per me è meglio che la svegliata te la dai tu (!!!!) perché stai dicendo cose che non hanno un minimo di senso
Puff: Modera i termini Riccardo e rassegnati che ti conviene
Ric: Non mi conviene fare come dici tu perché è sbagliato. Ti sto dicendo che pensavi di arrivare tu e salvare la situazione ma non ne sei capace (!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!)
Puff: Sei esilarante amore
Ric: Ho bisogno di orari diversi per studiare
Puff: La sera non esci. Se non ti concentri la mattina, studia la sera, fai come vuoi, ma non esci
Ric: E perché?
Puff: Perché non te lo sei guadagnato e francamente stai perdendo punti anche per il venerdì e il sabato sera
Ric: ma cosa stai dicendo???!?!?!? Il mio dovere è studiare non guadagnarmi di uscire!!
Puff: sto dicendo che se vai avanti ancora tanto non esci nemmeno più il fine settimana. Quindi studia, se la mattina hai sonno studia la sera. Quindi, quando ho detto che le cose te le devi guadagnare pensavi che io scherzassi?
Ric: non vuol dire niente, perché anche se studio e faccio tutte le stronzate che dici (!!!) non me le sono comunque guadagnate quindi piantala di prendermi per il culo (!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!)
Puff: Guardala in prospettiva amore mio. Ormai per l'estate non c'è più niente da fare è irrimediabilmente compromessa. Studia, rimedia, accontentati di uscire ven e sab e dimostrami che sei maturato. E' il meglio che puoi fare per assicurarti la tranquillità futura. Questa è la nostra ultima parola in argomento, di tuo padre e mia
Ric: Continui a evitare l'argomento (??????) E non ti rendi conto che mi rendi le cose più difficili, ma tanto  c'è tempo per finire le superiori...
Puff: Allora fatti bocciare, vedrai come migliorerà la tua situazione!
Ric: Se mi fai fare come dico io non mi bocciano. Se seguo il programma che secondo TE è meglio per me non ti prometto niente
Puff: Quindi la tua idea è che se ti bocciano non è colpa tua che non studi ma mia che non ti faccio uscire la sera?? Splendido!! E dimmi: in che modo TI HO FATTO rimandare in tre materie? Perché sicuramente è colpa mia anche quello no?  E comunque, se ti serve la bocciatura per imparare la lezione, e di conseguenza un anno di purgatorio invece che solo un mese, accomodati.


Ringrazio gli Dei che sia stata una conversazione in chat, almeno ho potuto sfoggiare un po' di ironia, perché se ce l'avessi avuto davanti non so come sarebbe andata a finire. Ora devo solo capire come NON sfondargli il cranio con un bastone di quercia nodoso appena arrivo a casa.



venerdì 22 luglio 2016

ARIA DEPRESSA

Ieri sera mio marito mi ha detto qualcosa che mi ha lasciata di stucco.
Mi ha detto che ho sempre l'aria depressa.
Ma chi, io?
Ma davvero?
Impossibile! Io sono conosciuta per spargere gioia a piene mani attorno, sono sempre sorridente, in ufficio mi dicono che metto allegria.
Sono raramente di cattivo umore senza motivo (SPM a parte!) ma anche quando lo sono di solito cerco di sorridere lo stesso. Poi come mi basta poco per essere contenta, a volte mi basta anche poco per intristirmi, e questo è vero.

Ma insomma, ma sul serio ho l'aria depressa?
Mi sono messa a ragionarci su.


La verità è che in questo periodo non riesco a star serena.
Sono sempre preoccupata per qualcosa, arrabbiata per qualcosa, o triste per qualcosa.
In parte è dovuto al Ric, come dicevo giorni fa, e anche se devo dire che il suo comportamento sta lentamente migliorando, continua a essere fonte di tensione. Immagino che ci voglia tempo ma non sono più pessimista come due settimane fa. Cioè... non voglio dare la COLPA a Riccardo. Non lo voglio colpevolizzare per essere come è o per avere l'età che ha. Però è innegabile che abbia un impatto.


Altra parte è dovuta a un... come posso dire.
Una preoccupazione che ho circa la relazione con mio marito.
C'è un punto, una cosa, che non mi torna, che non mi fa stare serena.
Glie ne ho parlato, varie e varie volte, nel corso direi degli ultimi due anni circa - uno e mezzo via - ma purtroppo finora non sembra che io sia riuscita a fare breccia. Che sia questo? Ammetto che potrebbe, il non riuscire a trasmettere quello che penso solitamente mi mette in una disposizione
d'animo piuttosto funerea.
Poi chiaro: la sera, nel letto, accanto al marito ronfante, quando è tutto silenzio e posso sentire le mie rotelle che girano, la cosa appare più grossa di come mi sembri ora, alla luce del giorno, con un sacco di cose da fare e a cui pensare. Tuttavia la domanda è sempre quella: cosa devo fare?


Sposto di nuovo l'asticella?

giovedì 21 luglio 2016

HO TROVATO QUESTA!


ECCO HO TROVATO QUESTA CANZONE OGGI, NON CI AVEVO FATTO CASO IN PRECEDENZA, MA E' ESATTAMENTE QUELLO CHE INTENDEVO COL MIO POST DI IERI.
PER FUTURA REFERENZA :-)


Wanted - Hunter Hayes (Boyce Avenue acoustic cover)

You know I'd fall apart without you
I don't know how you do what you do
'Cause everything that don't make sense about me
Makes sense when I'm with you
Like everything that's green girl I need you
But it's more than one and one makes two
Put aside the math and the logic of it
You gotta know you're wanted too

'Cause I wanna wrap you up
Wanna kiss your lips
I wanna make you feel wanted
And I wanna call you mine
Wanna hold your hand forever
Never let you forget it
Yeah I wanna make you feel wanted

Anyone can tell you you're pretty
And you get that all the time, I know you do
But your beauty's deeper than the make up
And I wanna show you what I see tonight
When I wrap you up
When I kiss your lips
I wanna make you feel wanted
And I wanna call you mine
Wanna hold your hand forever
Never let you forget it
'Cause baby I wanna make you feel wanted

As good as you make me feel I
I wanna make you feel better
Better than your fairy tales
Better than your best dreams
You're more than everything I need
You're all I ever wanted
All I ever wanted

And I just wanna wrap you up
Wanna kiss your lips
I wanna make you feel wanted
And I wanna call you mine
Wanna hold your hand forever
And never let you forget it
Yeah I wanna make you feel wanted
Baby I wanna make you feel wanted

You'll always be wanted


















DI INCONTRI


Per tutta la vita mi sono stupita del numero francamente imbarazzante di persone conosciute da mio papà. Lui è nato e vissuto sempre nella stessa città, nel giro di 2 km quadrati ha cambiato 4 case, e chiaramente quando gira per le vie cittadine, è tutto un "oh ciao, come stai?" ad ogni cantone. Da piccola lo prendevo in giro che ci volevano 45 minuti a fare il giro dell'isolato, con tutte le persone che incontrava.
Da alcuni anni poi, da quando cioè anche mia mamma è in pensione, la cosa è pure peggiorata perchè ora, a furia di passeggiare e girellare, pure lei conosce mezza città e tra quelli che saluta lui, quelli che saluta lei e quelli che salutano tutti e due insieme, se voglio andare a prendere un caffè con loro mi occorrono 2 giorni di ferie.


Tenendo ben presente questo fatto, vi espongo quanto segue.


- Vacanze al mare di giugno, a Rimini. Il Ric mollemente svaccato su una sedia dopo pranzo, aria annoiata. Un bambino sconosciuto di una decina d'anni si avvicina e gli fa: "ehi ma tu sei un animatore dell'oratorio di XXX??!?! "
Non è stato possibile capire chi diavolo fosse.


- Sabato scorso, piscina in località a circa mezz'ora da casa. Sono in cima a uno scivolo con il Nin, quando le mie orecchie sentono il fatidico "oh ciao, come stai?" Un compagno del corso di arti circensi del piccolo. Via, scivolata di coppia, mamma abbandonata senza ritegno.


- Martedì. Accompagno il Ric a scegliersi il suo regalo di compleanno. E' un tattuaggio, Vedetta pls non agitarti, eravamo in sala d'aspetto  per attendere il tatuatore quando le mie orecchie avrebbero tanto voluto sentire il solito "oh ciao, come stai?" ma invece hanno captato qualcosa come "Uè, bella, ciao (che non è una canzone partigiana), tutto bene, cosa fai qui?" rivolto a un ragazzo (vi aveva confuso il "bella" dite la verità) che se ho capito bene era l'amico di un amico di un amico.


A quanto pare, buon sangue non mente
O, come direbbe il GG, il DNA non perdona.

mercoledì 20 luglio 2016

UN AMORE STRAORDINARIO

Sono sempre stata affascinata dall'amore in ogni sua forma, fin da bambina.
Nel periodo delle elementari, per me "amore" sigificava qualcosa che vedevo in tv e al cinema.
Ero vagamente consapevole che in tutte le storie che si rappresentavano sullo schermo prima o poi i due protagonisti sperimentavano "un qualchecosa" che inevitabilmente sfociava in un bacio appassionato o in una (casta, ai tempi) scena di sesso. 

L'amore per me era qualcosa che succedeva intanto che i due erano impegnati in altro, vuoi a inseguire una pietra verde, vuoi a combattere un Impero Galattico, vuoi a impedire che i nazisti entrassero in possesso di qualche sacra reliquia dai poteri esoterici.

Ad un certo punto, ma non saprei dire a che età di preciso, mi resi conto (credo in parte anche guardando i miei genitori che si sono sempre voluti bene) che l'amore non era semplicemente un aspetto della vita come mangire o dormire,  separato da tutto il resto, come mi era sembrato fin li, 
ma ne impregnava ogni aspetto. Ricordo come fosse oggi che pensai: "Ma se ti innamori e ti sposi, poi vivi con quella persona sempre, e quindi l'amore rimane sempre li, mentre fai tutto il resto"
Lasciando perdere l'ingenuità di quel "sempre", potevo avere 12-13 anni, questa fu una vera rivelazione per me, un colpo veramente grosso.
Credo che in quel momento gettai le basi di quella che sono oggi, emotivamente parlando, perchè in quel preciso fatidico momento diventai una romantica, e cominciai a fare sogni per il futuro.

E quello che ho sempre sognato da allora è un amore straordinario.
Niente altro: un amore straordinario.

Certo, ho sempre saputo di volere dei figli, un bel lavoro, qualche disponibilità economica per poter viaggiare, come penso più o meno tutti.
Per un certo periodo, affascinata dal femminismo, sperai in una carriera brillante e luminosa e mi dissi che potevo farcela da sola, che ero una donna forte, che non avevo bisogno di nessuno. Me la raccontavo, specie se considerate che ho conosciuto mio marito poco dopo aver compiuto 19 anni
Il centro, il fulcro, non è mai stata la carriera, ne la ricchezza.
Era un amore straordinario.

«Non voglio una cosa normale, facile e semplice. Voglio un amore doloroso, difficile, devastante, straordinario, che ti cambia la vita.» -cit

Non un amore ad ogni costo, no.
Non un amore malato o sbagliato.
Ma un amore pazzesco, inarrivabile, ineluttabile, inesorabile e fatale, strepitoso e indescrivibile.
Naturalmente nei miei sogni di tredicenne, il "lui" della situazione era esattamente questo: non un principe azzurro bellissimo, non un cavaliere coraggioso, non un intrepido agente segreto. Era uno qualunque, ma che mi amava esattamente così. Con urgenza, follemente. Passionale ai limiti della violenza. Uno che avrebbe rischiato la vita per avermi, che avrebbe pianto nel perdermi e che avrebbe fatto qualunque cosa per tenermi. Già. Proprio così. Utopico piuttosto e anzichenò!

Ora, beh, non ho più tredici anni, e nemmeno diciannove, ma non sono tanto cambiata, nell'essenza della questione. Solo mi domando cosa significhi "amore straordinario" nella vita vera.
Ah si, perchè viviamo nella vita vera, sapete? Eh, già. Che fregatura.
Uomini come quelli che sognavo, ne esistono?
C'è un angioletto sulla mia spalla destra che mi dice "ma dai, sono solo fantasie, riprenditi!" (riprenditi sassenach, dice, a dire il vero, lo stronzo, il che mi fa pensare che sia un dannato amico del giaguaro, ndP)
E un diavoletto sulla spalla sinistra che dice "se può essere sognato, può essere fatto"

E indovinate un po'? Sono d'accordo col diavolo.
Che sorpresa, eh?
Se può essere sognato, può essere fatto.
E questo significa che non si fa da se, ma bisogna farlo.
Bisogna dargli una manina, al destino... lui magari ci fa incontrare ma dopo sta a noi far diventare straordinario il resto della vita.


Naturalmente, in due.


Ma guarda! E io che pensavo di scrivere un post originale.



martedì 19 luglio 2016

DIALOGHI IMMAGINARI - OUTLANDER, L'IDENTIKIT

Inverness, autunno 1971


Quando suonai alla porta dell'anziano Mr Travis quella mattina, non pensavo minimamente di essere a pochi istanti da uno dei peggiori shock della mia  vita. Ero tranquilla, insolitamente serena. Riposata, come lo ero raramente negli ultimi tempi, giacchè dormivo piuttosto male da quando ero tornata in Scozia. Senza contare che, credetemi, non è affatto facile sconvolgermi. Ho avuto una vita piuttosto avventurosa, capite.


Mr Travis era stato un funzionario della polizia di Inverness dal 1922 al 1950.
Alcune settimane prima, poco dopo il mio ritorno in Scozia, mi ero imbattuta in lui mentre passeggiavo senza meta guardando le vetrine su Main Street, un'attività che trovo alquanto rilassante. Era un signore distinto, chiaramente avanti con gli anni, e lo avrei sorpassato senza quasi notarlo, se lui non avesse fatto un gran balzo indietro nel vedermi, mormorando qualche istintivo scongiuro in gaelico e stampandosi il palmo della mano destra sulla fronte in segno di enorme sorpresa. Incredibilmente, poi, mi aveva chiamato per nome.
- Voi siete Mrs Randall, vero? Mrs Claire Randall.
Anche dopo tanto tempo, essere chiamata Mrs Randall qui, a pochi chilometri da quel che rimane di Lallybroch, mi fa un effetto alquanto disturbante. "Fraser" avrei voluto rispondergli piccata. "Il mio nome è Claire Fraser, Lady Broch Tuarach". Ma naturalmente non avrebbe avuto alcun senso, per lui. Avevo dunque composto il mio viso in un educato sorriso di circostanza.
- Sono proprio io - avevo risposto cauta. - Ci conosciamo, per caso, Mr... ?
A ben pensarci doveva essere veramente sconvolto per approcciarmi in modo così ineducato, in mezzo ad una strada, senza un saluto, e senza la decenza di presentarsi adeguatamente. Piuttosto inaspettato per un attempato gentiluomo delle Highlands.
- Och, aye, perdonatemi Madam, ma mi avete colto vermente di sorpresa. Mi chiamo Travis, Charles Brian Travis, ma naturalmente potete chiamarmi Charlie.  No, non ci conosciamo, o meglio voi non mi conoscete ma io conosco voi. Ero un poliziotto, vedete, quando voi... voglio dire quando siete...
Compresi immediatamente quello che intendeva.
- Oh, capisco - sorrisi per toglierlo dall'imbarazzo -  Quando scomparvi, tanti anni fa, intendete dire.
Emise un verso scozzese in fondo alla gola, quel tipo di rumore che avevo imparato a decifrare così bene nel corso della mia altra vita, e che in questo caso significava "si esattamente, grazie per non avermi costretto a dirlo". Il suo viso costernato era piuttosto comico: doveva essersi reso conto di
avere imperdonabilmente infranto l'etichetta. Tuttavia trovò il coraggio di continuare a parlarmi.


Ero stata il suo ultimo caso, mi aveva spiegato, ed era dovuto andare in pensione con una macchia sul suo curriculum, non essendo stato possibile risolverlo. Non che me ne facesse una colpa, per l'amor del cielo, certo che no. Ad onor del vero, aveva proseguito, la mia sparizione non era stata affidata
ufficialmente a lui ma dopo 2 settimane dalla mia scomparsa tutti i poliziotti di Inverness ne erano a conoscenza ed in qualche modo partecipavano alle indagini. Era stato un caso piuttosto sentito, anche a livello di opinione pubblica. Una giovane donna inglese, sparire così nelle campagne... c'erano
state molte congetture, ogni singolo abitante di Inverness a quanto pare aveva avuto la sua teoria, in proposito.
Tutti conoscevano anche Frank, mi aveva detto, perchè si presentava alla stazione di polizia con cadenza regolare a chiedere quali fossero gli sviluppi delle indagini. Purtroppo, e mi guardò comprensivo, non ce n'erano mai, come dovevo ben sapere.
Mr Travis, o meglio Charlie, si era interessato a me in maniera particolare per via di una certa rassomiglianza con la sua figlia più giovane, che sfortunatamente era deceduta 3 anni prima del mio numero di magia, a causa di una brutta influenza. Mi rammentai con un certo sgomento che nella Scozia degli anni 40 era altrettanto facile morire per una malattia banale che in quella del Diciottesimo Secolo. Io stessa l'avevo visto accadere molte volte.
Charlie aveva dunque raccolto tutti i documenti che mi riguardavano nel corso di alcuni mesi, aveva parlato coi testimoni nel tempo libero, aveva fatto sopralluoghi e congetture... ma nonostante l'impegno profuso aveva dovuto ritirarsi senza aver capito nulla della mia misteriosa scomparsa ne
tantomeno della mia miracolosa riapparizione. E se avevo destato scalpore sparendo, quando ero tornata la gente era andata davvero in delirio... in parte per la curiosità di sapere che fine avessi fatto, in parte perchè, me ne rendo conto, avevo tenuto un comportamento che doveva essere apparso alquanto singolare, specialmente per la moglie di un affermato storico, con tutte le mie assurde domande su Culloden e sui Clan. E poi, certo, c'era il fatto della mia gravidanza, un dettaglio piuttosto piccante per quei tempi.


Era stato sufficiente scambiare qualche parola, per rendermi conto che che nonostante l'età, Mr Travis era ancora dotato di un intelletto piuttosto vivace. Ed era sempre molto interessato alla mia storia, come le sue chiacchiere rendevano evidente. Principalmente per questo motivo, suppongo, era arrivato ad invitarmi a casa sua, con la promessa di mostrarmi quello che definiva "il mio dossier".
Mi aveva guardato con aria speranzosa, attendendo che accettassi o declinassi l'invito. Naturalmente si rendeva conto, una donna sola, in casa di un uomo non sposato... ma dopotutto era un ottuagenario ben conosciuto per la sua condotta irreprensibile, e potevo stare tranquilla che non avrei corso alcun rischio nel trovarmi sola con lui, ne' dal punto di vista dell'incolumità fisica, ne' da quello - che lui doveva trovare ancora più importante - della mia reputazione.. Divertita da queste educate precisazioni, dopo un attimo di tentennamento, avvevo sentito la mia voce accettare l'invito per
la mattina seguente.  Charlie cominciava a piacermi, e sembrava tenerci davvero molto.
Senza contare che anche lui aveva qualcosa che mi risultava familiare. Un'espressione che avrei potuto giurare di aver già visto. Ma da quando sono tornata in Scozia, devo confessare di non poter fare pieno affidamento sui miei sensi. Passato e presente a volte si confondono nella mia mente, e mi pare di vedere ad ogni angolo visi conosciuti, espresisoni note e sguardi già incontrati. Se non fossi un dottore, penserei di essere semplicemente ammattita. Da medico, so che si tratta di una sorta di stress post traumatico a scoppio ritardato, chiaramente dovuto al mio ritorno qui dopo tanti anni, e alla tendenza ad affogare nei ricordi. Chissà, però, chi erano i suoi antenati.


Comunque sia, eccomi qui, puntuale e col dito sul campanello, in una mattina chiara e frizzante, col cielo ancora indeciso se tingersi di azzurro o mantenere la lieve promessa di pioggia tipica dell'autunno scozzese.
Charlie mi aprì sollecito, abbigliato impeccabilmente nonostante l'ora piuttosto mattiniera, mi invitò ad entrare e mi prese soprabito e ombrello con un unico movimento incredibilmente fluido per un uomo che aveva superato l'ottantina. La casa era in ordine perfetto, luminosa, e sapeva di buon tabacco e di whisky ancora migliore. Mi ricordava vagamente l'odore della sala principale di Leoch, dove Colum consumava (certo a scopi puramente medicinali) le sue scorte dei migliori alcolici della regione, ma senza il sottofondo dovuto alla presenza di tanti uomini vigorosi e sudati tutti insieme.
Per un attimo fui davanti al grande camino, con le tavole imbandite, e rividi con mia sorpresa il viso solerte ed allegro di Mrs Fitz che dava le ultime istruzioni per la cena, prima di sedersi a sua volta. Era un ricordo neutro e piacevole, per una volta.
Il mobilio di casa Travis era vecchio, ma lucido come doveva esserlo stato il giorno che era uscito dalla falegnameria. Gli scaffali erano pieni di fotografie di famiglia, tra cui la figlia deceduta che riconobbi subito per via di una cascata di riccioli mori identica a quella che avevo avuto io alla sua età. All'improvviso una voce nella mia testa disse molto chiaramemte "vieni da me, mo duinne".
Il mio cuore mancò un battito, ma mi sforzai di non darlo a vedere.
Charlie indovinò parte dei miei pensieri, presumo dalla direzione del mio sguardo.
Jamie capiva sempre quello che pensavo solo guardandomi, e mi aveva spesso derisa per la mia incapacità di nascondere quello che mi passava per la mente. Evidentemente non ero diventata più brava, col tempo.
Un altro piccolo battito cardiaco si perse nel ricordo del suo viso, divertito e beffardo.
Ormai era rimasto solo, mi spiegò il mio ospite con aria afflitta. Era vedovo da molti anni, e i suoi due figli superstiti si erano trasferiti a Glasgow con le loro famiglie.
- Per via del lavoro, capite - mi disse. - Purtroppo non li vedo quasi mai, e così mi consolo con le fotografie.
Sorrisi, con comprensione, ed il momento di malinconia passò, così come il mio lieve senso di stordimento. Charlie recuperò velocemente la sua vivacità e con un energico "Bene, Mrs Randall, veniamo a noi" mi fece accomodare nel salotto buono.


Il fascicolo che mi mise le meani era imponente, e teneva scrupolosa nota di tutti i sopralluoghi, le ipotesi, i rilevamenti, le più bizzarre teorie - tra cui una vera, peraltro, frutto della deposizione di Mrs Graham, alla quale naturalmente non era stato dato alcun credito - e di tutte le innumerevoli visite di Frank alla stazione di polizia alla disperata ricerca di una verità qualunque. Charlie era chiaramente compiaciuto del lavoro svolto, benchè rimasto senza risultato. Sapeva di avere - o di aver avuto in gioventù - un fiuto da vero segugio, e sperava che la mia presenza gli avrebbe fornito se non proprio la mia versione dei fatti, almeno un indizio decisivo per arrivare da solo alla soluzione dell'enigma.
Cosa che era ovviamente impossibile, a meno che non credesse alle fate, e sono certa che non ci credeva. Stavo quindi sfogliando il fascicolo distrattamente e mezzo sorridendo dell'orgoglio di quel simpatico vecchietto, quando il foglio col disegno scivolò fuori silenzioso, posandosi delicatamente sulle mie caviglie.
- Oh, ecco l'Highlander! - disse Charlie riconoscendolo - Aye, è prprio lui.
Raccolsi il foglio e sbiancai. Si trattava di un identikit, così mi disse il mio ospite, anche se purtroppo non si era rivelato molto utile, perchè non mostrava il viso, ma solo le fattezze fisiche e l'abbigliamento. Un identikit fatto sulla base di qualcosa che Frank aveva raccontato dopo la mia scomparsa, circa qualcuno che apparentemente mi spiava nell'ombra la sera prima che sparissi. Un rapitore? O magari un amante, ammiccò Charlie con aspettativa. La seconda, capii, era stata la tesi ufficiale della polizia, all'epoca.
Il disegno rappresentava un uomo col volto nascosto , in abiti scozzesi, di corporatura imponente e dai capelli innegabilmente rossi. Mi sentii male, e non mi curai di nasconderlo. Non poteva essere una coincidenza. Ma come poteva, in nome di Dio, Frank avere un'idea così precisa del suo aspetto? Guardai fisso quel disegno dimenticandomi di tirare il respiro, e le linee del viso presero vita, disegnando un naso dritto, degli occhi chiari e penetranti, una massa di riccioli illuminati dal sole nascente. Dopo qualche istante, indecorosamente, svenni.


Il ricordo arrivò nel sonno tormentato dell'assenza di coscienza.
Una notte gelida. Una forte nevicata. Io sola nella stanza della locanda.
Frank era andato dal Reverento Wakefield per una delle loro solite disquisizioni sulla storia della rivolta, ed rientrato con una espressione sconvolta sul viso.
Un uomo, c'era un uomo in strada, proprio sotto la mia finestra, che mi fissava apertamente.
Frank era stato a guardarlo per diversi minuti, e lui non aveva mosso un muscolo, la testa lievemente alzata e lo sguardo inchiodato su di me.
Indossava un kilt, chi diavolo indosserebbe un kilt in una notte come quella? Aveva provato a parlargli, ma lui era scomparso nel nulla.
"Sarà andato a scaldarsi in qualche pub", avevo obiettato ragionevole, piuttosto divertita dall'aria spaventata del mio razionale marito, uno studioso di fama internazionale che aveva appena avuto una inspiegabile visione.
Ma no, non se n'era semplicemente andato. Era sparito improvvisamente e senza lasciare tracce, neppure le impronte dei suoi passi nella neve fresca. Come svanito nel nulla.
Mi stai dicendo che era un fantasma, professore? gli avevo chiesto.
Non potrei escluderlo, mi aveva risposto serio. La sua risposta mi aveva sorpreso, ma alla fine ne avevamo riso, perchè era facile dimenticarsi di spiriti e fantasmi in una comoda camera da letto del ventesimo secolo, calda, asciutta ed illuminata da una rassicurante lampadina elettrica.


Ora non avevo più voglia di ridere. 
Un gigantesco highlander dai capelli rossi, immobile sotto la mia finestra.
Un gigantesco highlander che non lascia tracce nella neve.
Mi stai dicendo che era un fantasma, professore?
"Io ti troverò" erano le parole che continuavo a sentire nella mia testa.
"Io ti troverò, dovessero volerci duecento anni".
Poteva essere? Mi aveva dunque trovata?
Stando a quel disegno, lo aveva fatto.
Dopo duecento anni, mi aveva trovata, prima che io trovassi lui.
E Frank lo aveva visto.
Ma cosa aveva visto realmente? Il passato? Il futuro?
Il tempo si contorce e si aggroviglia su se stesso, nessuno lo sa meglio di me.
Lui era già morto da duecento anni quella sera, eppure io non lo avevo ancora incontrato.
Se lo avessi visto, in strada, lo sguardo fisso sulla mia finestra, non lo avrei riconosciuto.
Lo sapeva, mentre mi guardava, che io non lo conoscevo ancora? Si, certo che si.
Ma era venuto lo stesso. Era venuto da me. Io avevo sopportato vent'anni la sua assenza ed il suo indelebile ricordo, lui ne aveva sopportati duecento.
L'angoscia della sua mancanza mi travolse nuovamente, come se lo avessi lasciato solo il giorno prima. Era così ingiusto, che un uomo come Jamie fosse destinato a soffrire ancora, e ancora, e ancora, anche dopo la morte.
Lo rividi davanti a me, come l'ultima volta che ci eravamo guardati.
Le sue lacrime mischiate alle mie, la sua mano marchiata stretta al mio marchio.
Sangue del mio sangue, ossa delle mie ossa.
Alla fine, aveva davvero posseduto la mia anima, a prezzo della propria.
L'unica cosa che aveva contato, in quel disperato ultimo momento, era stata la speranza. Una speranza lontana e vaga, ma reale. La speranza di poterci un giorno riunire. Come, quando... era nelle mani di Dio.  Per questo lui aveva mantenuto la sua promessa, una promessa che io avrei udito per la prima volta quando era già stata esaudita. Mi aveva trovata.


Rinvenni con le lacrime agli occhi per trovare MR Travis agitato e preoccupato che accorreva verso di me con un bicchiere di whisky.  Tutto cambia col tempo, ma evidentemente non le pratiche di pronto soccorso scozzese. Mi raddrizzai come meglio potei, e mi disposi a raccontare una storia al mio nuovo amico Charlie.







lunedì 18 luglio 2016

NERVI TESI

Devo ammettere che la situazione complessa col Ric un po' logora.
Anche se adesso si sta comportando abbastanza bene, tranne qualche alzata di testa perché gli stiamo  addosso (posso anche capire che si inalberi a sentirsi sempre sotto controllo, ma se l'è cercata e ora se la becca tutta), credo che si respiri un'aria di generico nervosismo che non fa bene a nessuno.
Peraltro oggi è il primo giorno dell'Estate Finita del Ric. Inizia lo studio a tempo pieno per gli esami.
Significa andare da mia mamma, studiare 9-12 e 14-16 con cellulare sequestrato nelle ore di studio, non uscire nemmeno la sera tranne venerdì e sabato (come se ci fosse scuola), andare a letto presto,  alzarsi alle 7 e poi ricominciare daccapo. 


Il GG ed io non siamo sempre d'accordo sul modo di approcciare il problema, io spingo verso un maggior controllo, su tutte le cose dallo studio all'ordine nell'armadio lui - probabilmente memore anche della sua adolescenza turbolenta - in realtà è meno propenso a marcarlo così stretto come io vorrei. Lui non è stato marcato a vista da ragazzo (i miei suoceri non sono persone severe tranne su argomenti di stampo morale/religioso), ma si è saputo dare una regolata, nonostante sia passato per una rimandatura a settembre e qualche serata finita a botte in discoteca. Probabilmente pensa che Riccardo finirà per sistemarsi da solo, come ha fatto lui, ma io per il momento non sono molto ottimista su questo aspetto e credo che abbia bisogno di paletti molto solidi e molto restrittivi, almeno per un po'.


Ne scaturiscono purtroppo delle brutte litigate perché da una parte io voglio le cose fatte come dico io, perché sono anni che gestisco la situazione tutti i santi giorni,  ma ormai non ce la faccio sempre da sola ad ottenere obbedienza;  dall'altra lui (il marito intendo) si scoccia a sentirsi "dare istruzioni" da me. 


Ma del resto, l'autorità paterna è fondamentale in questa fase, così penso io e anche diversi esperti, e se manca, io la sollecito. E mi spiace, ma non chiederò scusa per questo.


Però è dura.
Da una parte Il Ric, dall'altra il GG e io in mezzo, passando per il povero Nin che alla fine fa le spese di tutto questo nervosismo ed è più irritabile anche lui, passa dalla frignata perenne all'appiccicamento perenne alle mie gonne senza darmi un momento di respiro.


Che devo fare maledizione????









venerdì 15 luglio 2016

EH OGNI TANTO MI PIGLIA COSI'

Eggià.
Per me scrivere è sempre stata fonte di incommensurabile salvezza.
Quando ero ragazzina avevo dei quadernetti per i pensieri e le piccole poesie che mi venivano in mente, o anche per le frasi che leggevo in giro e trovavo in qualche modo congruenti con la mia vita.
In seguito, le Smemoranda la fecero da padrone per anni.
Poi, dopo un periodo "buio" - intendo senza scrivere - apporodai a Splinder, e quando Splinder defunse, a Blogger.


Scrivere è anche un hobby per me, non solo una necessità.
Anni fa sviluppai la passione di riscrivere cose già trite e ritrite cambiandone il punto di vista. Cominciai in grande, modificando i Vangeli (!), poi soprattutto favole. In seguito cominciai a aggiungere pezzi a libri che mi erano piaciuti. Oggi mi diletto anche di serie televisive famose :-)


Tutto questo per dire che si, sono attualmente in quella fase lì... e perciò sto scrivendo alcune personalissime reinterpretazioni.


Un paio le ho pubblicate, qualcos'altro magari verrà.
Non lo faccio per autocompiacimento o per ricevere complimenti a tutti i costi.
Anzi, se vi fanno schifo e me lo dite, almeno aggiusto il tiro :-D


Le pubblico essenzialmente per essere sicura di averle tutte in un unico posto, in attesa che questo diventi il genere letterario più di moda di tutti i tempi e io possa rispolverare quegli scritti e diventare finalmente ricca e famosa.











giovedì 14 luglio 2016

DIALOGHI IMMAGINARI. STAGIONE 5, EPISODIO 1 #esticazzi

Lo vidi venire verso la mia scrivania lungo il corridoio a passo di marcia.
Impeccabile come sempre nel suo completo grigio, senza un capello fuori di posto.
Abbassai il viso come se fossi concentrata sul foglio che avevo davanti, ma lo sbirciai con la coda dell'occhio. Cristo, detesto non riuscire a imperdirmi di guardarlo. Fino a pochi giorni fa non lo avrei considerato possibile.

C'era qualcosa di stonato, nel suo portamento, qualcosa di insolito che faticai a mettere a fuoco. Cosa peraltro incredibile visto il mio livello di conoscenza del soggetto. Eppure...
Percepii, più che vedere, Louis che alzava la testa dietro il vetro del suo ufficio, e lo guardava con fare circospetto. Di per se, questo non significherebbe niente: Louis guarda tutti con fare circospetto. Ma stavolta capii che anche lui aveva notato una stonatura.
In preda alla curiosità assunsi la mia più tipica espressione "sei un'inutile piccolo ed insiginficante mitile, e non meriti nemmeno che io riconosca la tua mera presenza" e quando fui sicura che tutti i muscoli della mia faccia avrebbero fatto il proprio dovere, lo guardai apertamntne.
Del resto ormai lo stavano guardando tutti, decisamente aveva qualcosa di strano.
Lo capii un istante dopo averlo fissato: era l'espressione del viso. Aveva una strana aria di urgenza, ma non era esattamente preoccupato... c'era come una nota di esaltazione, nel suo sguardo, una sorta di prefigurazione. Come se si stesse precipitando da Jessica a gongolare per uno dei suoi straordinari
successi, solo per il piacere di farsi dire quanto era stato in gamba. Maledetto presuntuoso.  Tranne che non aveva cause importanti in corso, e comunque nessuna che dovesse concludersi quella mattina. Come lo so? Oh andiamo, lo sapete. Sono la migliore. Io so tutto, cambiare scrivania non modifica questo semplice dato di fatto.

Come volevasi dimostrare, non stava affatto andando da Jessica. Si fermò alla mia scrivania, indirizzò un breve cenno di saluto a Louis che lo guardava ora con aperto sospetto, poi si degnò di rivolgermi la sua attenzione.
- Vieni con me - mi disse autoritario, senza perder tempo coi saluti.
- Buongiorno, Harvey. Mi spiace ma ora non posso, devo finire di..
- Vieni con me, ho detto - insisté.
Sospirai e lo guardai, sfortunatamente dal basso essendo seduta e lui in piedi, come si guarda un bambino capriccioso, e mi disposi pazientemente a spiegargli che no, non sarei scattata sull'attenti ad ogni suo cenno, non più.
- Come ti stavo dicendo - sorrisi cordiale resistendo all'impulso di alzarmi per fronteggiarlo faccia a faccia - al momento sono piuttosto impegnata.
Lui mi fulminò con il suo sguardo assassino,  quello che normalmente riserva al procuratore distrettuale e a qualche selezionato giudice, poi girò dietro la mia scrivania e mi prese per un braccio, non troppo gentilmente. Inconcepibile.
- Alza immediatamente il dannato culo che ti ho salvato solo la scorsa settimana e vieni subito con me. Devo farti vedere una cosa.
Il... dannato... culo? Stiamo scherzando! Cosa diavolo gli era preso stamattina?

Nel frattempo, Louis si era alzato dalla scrivania e ci guardava torvo. Sapevo che aveva il timore - beh trattandosi di Louis era più una sorta di panico cieco -  che prima o poi Harvey sarebbe venuto a reclamarmi, ma gli avevo assicurato che non glie lo avrei lasciato fare. Ero sincera mentre lo dicevo
ma ora, con la sua mano addosso, le mie certezze sembravano un po' meno certe. Maledizione. Quando avevo smesso di essere me ed ero diventata una donnicciola in balia degli ormoni?
Ad ogni modo guardai Louis con fare significativo e gli feci cenno con la mano di stare calmo. Sarei andata con Harvey, perchè ormai ero tremendamente curiosa, ma qualsiasi pensasse di dovermi  mostrare con tanta urgenza,  non avrebbe cambiato nessuna delle mie recenti risoluzioni.
Di sicuro, non quella di non lavorare più con lui.
Era stata una decisione d'impulso, ma era stata comunque buona.
Naturalmente, avevo detto a me stessa che, date le circostanze, non potevo più stare tutto il giorno seduta davanti a lui fingendo che quella sera non fosse mai esistita e quelle parole non fossero mai state scambiate... qualunque cosa lui intendesse pronunciandole, il che naturalmente non era affatto chiaro. Ma la verità era che, date le circostanze, il mio primo e più irrazionale pensiero era stato: se non lavoreremo più insieme....
E anche questo era motivo di rabbia verso me stessa. Mi maledissi per la terza volta in 3 minuti scarsi. Decisamente Harvey Specter tira fuori il meglio, dalle persone.


Mi alzai e strattonai il braccio sibilando un "levami le mani di dosso" tra in denti in modo che mi sentisse solo lui, ma chiaramente.
Mollò la presa e si fece di lato, invitandomi a uscire dalla mia postazione. Si mise al mio fianco, e mi poggiò delicato una mano sulla schiena, per dirigermi verso la sua misteriosa meta, dicendo soltanto "andiamo".
Camminamno così, in silenzio, fino in fondo al corridoio, ed io rimasi per tutto il tempo estremamente consapevole della sua mano in fondo alla mia schiena, leggermente premuta in una zona che i miei vertiginosi tacchi facevano oscillare elegantemente ad ogni passo. Non avevo ancora
deciso se esserne imbarazzata, infuriata o compiaciuta, quando mi fece svoltare verso la biblioteca.


Ci fermammo sulla porta. L'ambiente era ovviametne molto silenzionso e sembrava deserto. Mi spinse leggermente avanti perchè guardassi dentro, con un cenno della mano come a dire: Ta-dààààà. Rassegnata ad avere una mattinata insolita, sbirciai cauta all'interno della sala.
Gli scaffali erano ancora in piedi, tutti i tomi erano al proprio posto. Le luci erano accese, i vetri delle finestre non erano infranti e le tende non erano strappate. Non vidi invasioni di formiche, scarafaggi o topi zampettare sul pavimento, che era pulito e lucido come sempre. Le scrivanie erano tutte regolarmente al loro posto e non c'erano cadaveri o altre misteriose stranezze in vista.. Lo guardai, molto più che perplessa.
Lui mi incoraggiò con un sorriso. "Guarda" mi disse, indicandomi il punto su cui si aspettava che puntassi la mia attenzione.

Mike e Rachel stavano lavorando a uno dei casi di Harvey, seduti uno di fronte all'altro. Mike aveva l'aria stanca, la camicia spiegazzata e la cravatta allentata, dal che dedussi che probabilmente non era andato a casa la sera prima. Rachel sembrava più fresca, probabilmente aveva dormito qualche ora, ma anche lei indossava gli stessi abiti del giorno prima. Avevano fatto nottata. Li guardai un istante poi mi rivolsi nuovamente ad Harvey
- Mike e Rachel? - chiesi - Che cosa significa, li vedo tutti i giorni da almeno un anno. Cosa ci facciamo qui Harvey?
Lui mi guardò esasperato.
- Guarda meglio, Donna. Guardali.
Li guardai meglio. Lavoravano, come sempre, non capivo proprio dove voleva arrivare. Mentre li fissavo, sperando che non ci vedessero perchè non avrei davvero saputo come spiegarlo, Mike si alzò per andare a prendere una tazza di caffè. Passando accanto a Rachel si chinò e le posò un piccolo bacio delicato sulle.... OH!
Spalancai gli occhi, comprendendo in quel momento cosa aveva voluto farmi vedere.
- Visto? - mi chiese - E' possibile.
Avevo visto. Lo guardai scioccata, senza proferire parola
E a quel punto, successe l'impensabile.

Si avvicinò a me, si avvicinò molto, mi prese entrambe le mani e mi spinse contro lo stipite della porta, quasi appoggiandomisi addosso. Sentivo i contorni del suo corpo sfiorare il mio, e mi feci più indietro possibile perchè quello sfioramento non diventasse osceno. Era talmente vicino che potevo sentire il profumo del suo dopobarba nelle pieghe del collo. Mi guardava fisso negli occhi, impassibile, senza batter ciglio, e mi parlò sottovoce continuando a tenermi ferma con il suo corpo e con il suo sguardo. Nel complesso, probabilmente sembravo un topolino ipnotizzato dagli occhi di un cobra un attimo prima di essere mangiato vivo ed intero. Intendeva forse mangiarmi? Considerai per un momento la possibilità e non la trovai del tutto ripugnante.
- Ora ti spiego esattamente quello che succederà nei prossimi minuti - disse. - Questa ridicola situazione finirà. Immediatamente. Andrai alla tua scrivania provvisoria e prenderai tutte le tue cose
Il tono beffardo con cui pronunciò la parola "provvisoria" non mi sfuggì minimamente, ne lui pensava mi sarebbe sfuggito. - Dopodiché, tornerai al tuo posto.
Recuperai un minimo di lucidità, a fatica.
- Ma davvero. E tu credi di sapere quale è il mio posto? Sei piuttosto presuntuoso - rimarcai ostinata. Se pensava che glie l'avrei resa facile, si sbagliava di grosso.
- Certo che lo so. Il tuo posto, Donna, è accanto a me - rispose con calma - Perchè noi siamo una grande squadra, siamo una squadra vincente. Dentro.. - esitò per un momento - ... e fuori da questo ufficio.
Coprì la distanza dei pochi centimetri che ci separavano, e mi baciò con una sorta di violenza trattenuta, stritolandomi dolorosamente le mani che ancora teneva, come per rendermi chiaro cosa intendesse con quel "fuori". I miei occhi erano ancora spalancati, in preda ad uno stupore incredulo, e grazie a questo potei vederne chiaramente l'espressione del volto. Ostinazione. Convinzione. Desiderio. Passione. Una briciola di incredulità, forse, come se nemmeno lui potesse capacitarsi delle proprie azioni. Io senz'altro non mi capacitavo. O almeno non mi sarei capacitata se fossi stata in grado di pensare razionalmente, ed in quel momento decisamente non lo ero.
Ma la cosa più sconvolgente fu rendermi conto della totale mancanza di privacy che stavamo sperimentando. Tutto questo stava succedendo alla piena luce del giorno, nel bel mezzo dell'ufficio, davanti a persone che andavano e venivano continuamente. Nessun sotterfugio, nessun segreto. Apertamente. Forse fu questo, più di tutto,  a convincermi.
Si staccò da me, mi lasciò le mani e fece un passo indietro, guardandomi in attesa di una risposta. Non sembrava particolarmente ansioso di riceverla, comunque.  Come sempre. Harvey Specter non pone domande di cui non conosce già le risposte. E la mia la conosceva probabilmente da circa 6 anni.
Mi ricomposi, lisciai con sussiego le pieghe del vestito ed inarcai un sopracciglio
- Louis? - chiesi
- Sistemato.
- Voglio un aumento.
- Concesso
- E un bonus.
- Nessun problema.
- E ci saranno fiori freschi sulla mia scrivania, ogni lunedì e giovedì
- Fatto.
- E sushi a pranzo ogni venerdì
- Quello che vuoi.
Avevo esaurito le richieste, e a quanto pare non restava altro da dire.
Il suo smagliante sorriso non si era minimamente scomposto.
- Molto bene, allora - dissi dignitosamente, col sopracciglio sempre inarcato - Mettiamoci al lavoro.
Mi guardò trionfante.
- Molto bene - ribadì - dopo di te.
E mi cedette il passo.

Mi incamminai verso la mia futura ex scrivania, girando solo leggermente lo sguardo indietro, giusto quel tanto da vedere Mike e Rachel pietrificati al loro tavolo, che ci guardavano con la bocca spalancata.

mercoledì 13 luglio 2016

LA RAGAZZA DANESE

Lunedì sera,  con molto ritardo, sono finalmente riuscita a vedere The Danish Girl.



Una di quelle opere che "vanno viste", al pari di certi quadri e taluni libri dai quali non si può prescindere. Le critiche erano state entusiastiche su tutti i fronti e sapevo quindi che stavo per vedere qualcosa di davvero bello, ma non ero assolutamente preparata alla dolcezza e alla delicatezza di questo film praticamente senza colonna sonora, che è totalmente meraviglioso. Una bomboniera, mi verrebbe da dire, da guardare con giudizio, per non sciuparlo.


La storia è nota, ed è quella della presa di coscienza del giovane pittore Einar Wegener riguardo la propria sessualità e della sua battaglia per diventare Lili Elbe. Battaglia che vincerà, ma che le costerà la vita.


Il tema è chiaramente quantomai attuale e significativo il modo in cui è stato girato il film, senza fronzoli senza storpiature romantiche, in maniera molto vivida. La scena in cui Einar si spechia, nudo, nascondendo il suo organo genitale in mezzo alle gambe per sembrare donna secondo me è davvero forte, come un pugno nello stomaco, perchè più di tante altre ti porta dentro il centro del dolore di una persona che ritiene di essere nata in un corpo che non le appartiene. E l'espressione del viso che Redmayne riesce a conferire al protagonista, ancora di più implica la trasformazione in atto: preoccupata, ansiosa prima e via via più tranquilla, gioiosa, estatica mano a mano che lo specchio rimanda una figura sempre più simile ad una donna. Il lento riconoscimento di se stessi: si, io sono questa.  E' Dio che mi ha fatto donna - dirà Lili dopo la prima operazione - il dottore sta solo curando la mia patologia, rappresentata dal mio aspetto maschile.


Due cose mi hanno colpito di questo film.
La prima è la straordinaria bravura di Eddy Redmayne, che passa con assoluta noncuranza e facilità dall'essere una donna intrappolata in un corpo maschile, un uomo immobile e storpiato dalla malattia sulla sua sedia a rotelle, un giovane mago alle prese con creature che nessun babbano vorrebbe mai vedere. Persone e personaggi che nulla hanno a che fare l'uno con l'altro, e tutti ugualmente credibili.



La seconda invece sono i piccoli dettagli, che accompagnano il fim sottolineando il passaggio da Einar a Lili. La narrazione ne è letteralmente disseminata. Una movenza della mano di Einar, un po' più femminile di quanto ci si aspetterebbe, anche prima della comparsa di Lili. Uno sfioro distratto di un suo dito su un abito di seta. Uno sguardo lievemente più obliquo: non sta guardando la moglie ma le scarpe che indossa. Lili è già dentro Einar, Lili c'è da sempre. Solo il caso, le circostanze, l'hanno fatta (ri)emergere ed una volta in superficie Einar soccombe, non può più mandarla via. Lili prende il sopravvento poco per volta, ma inesorabilmente. E' insopprimibile.

Poi è vero: probabilmente la vera battaglia interiore di Einar/Lili non c'è proprio tutta. Immagino che ci siano stati anche molti momenti bui, ma bui parecchio, che nel film non vengono particolarmente sottolineati, preferendo evidentemente la via di un più fruibile "politically correct". Il che potrebbe essere considerato un difetto, ma che secondo me ha il vantaggio di lasciare il film ad un pubblico più vasto che (al di la delle ovvie considerazioni economiche) - è un bel vantaggio considerando il tema così delicato. Far trasparire l'umanità della persona, più che i suoi inevitabili mostri interiori, è stata secondo me una scelta saggia. Il film è delicato, come dicevo, quasi sommesso, come ingentilito da una sorta di velo di tulle che sfuma i suoi momenti più tragici, e per questo è vedibilissimo anche da persone non ancora adulte, le quali anzi potranno trarne supunto di riflessione molto più di chi una propria idea sull'argometno ce l'ha già.  

Ma questa è anche la storia di Gerda, la moglie di Einer, che rimane sempre accaanto alla persona che ha sposato, anche durante la difficile transizione. E' forse, ancora più di Lili, il personaggio chiave della vicenda. Che ne sarebbe stato di Einar, senza il supporto della moglie? Sarebbe rimasto
in balia dei vari medici che all'epoca lo diagnosticarono deviante e schizofrenico, sottoponendolo a varie terapie per estirpare Lili dalla sua mente? Gerda aiuta Lili ad emergere riconoscendo semplicemnte la sua esistenza. Non la considera una malattia o una devianza. La accetta, per quella che è. Serenamente? Beh forse no. Immagino di no. Però lo fa, e che sia per amore di Einar, per amicizia verso Lili o per pietà verso entrambi, non ha tutta questa importanza. La cosa straordinaria è che Gerda si rivolge allo stesso essere umano chiamandolo di volta in volta Einer o Lili, a seconda di chi si rende conto di avere davanti. All'inizio come gioco, ma poi anche nella vita vera, nella quotidianità.  E' una cosa per la quale, secondo me,  ci vuole una forza inumana.



E mi sono domandata, ce l'avrei, io, quella forza?

martedì 12 luglio 2016

DI BABY SITTER

Venerdì il Ric ha babysitterato suo fratello.
Noi avevamo un compleanno per soli adulti, il che non vuol dire che ci fossero spettacolini hard ma solo che il festeggiato è un cagone e non mi ha permesso di portare il Nin nemmeno sotto-droga-Nintendo :-) quindi con i nonni al mare la scelta è stata obbligata.

Nel regime restrittivo nel quale sta filando (abbastanza dritto direi), il Ric ha fatto buon viso e quando gli ho detto che lo volevo come baby sitter non ha fatto una piega.
Da parte mia ero stata chiara: baby sitter significa che ti dedichi a tuo fratello, non che state a casa invitando tutti gli adolescenti del circondario e te lo dimentichi davanti alla Play mentre tu te la godi coi tuoi amici.


D'altra parte però venerdì c'era uno spettacolo in oratorio, poi sabato parte degli animatori sarebbero partiti ad accompagnare un gruppo di bambini in montagna, quindi Ric ci teneva ad esserci, e il Nin per parte sua era una settimana che voleva vedere lo show. Insomma è finita che sono andati a mangiare in pizzeria loro due (100 mt da casa) e poi a vedere lo spettacolo. Alla fine della fiera
il Nin ha persino... aiutato... a smontare il palco....
Ric: ma non è vero che hai aiutato!
Nin: si invece! Ho spostato 2 sedie!
Ambhé!

E' finita che li ho trovati a casa, Ric guardava la fine di un film e il Nin ronfava il sonno del giusto spalmato sul divano. Il giorno dopo ha dichiarato con convinzione che il Ric era stato bravo.


Avendo allungato al Ric una somma lievemente ridondante per la pizza, mi sono risolta (anche se è a regime zero-danaro per la questione delle monetine) a lasciargli i 10 euro di resto della pizzeria. Ha provato a discutere sul fatto che lo "stipendio" era troppo basso per tutte le ore di lavoro
ma mi è bastato uno sguardo per fargli capire che ancora mezza sillaba e gli avrei levato pure quello.


Tutto sommato direi che non è andata male, no?
Settimana prossima vado al cinema!

FOTO DI REPERTORIO


venerdì 8 luglio 2016

CRONACA NERA


Apprendiamo con sgomento di un efferato delitto.
Ieri sera, attorno alle ore 20,  nell'hinterland milanese un giovane già noto alle forze dell'ordine ha spietatamente assassinato il Buonumore Canterino
Secondo alcuni testimoni oculari il delitto si sarebbe consumato in cucina, e avrebbe avuto la seguente dinamica:

Puff: "All that she wants is another baby, she's gone tomorrow boy, all that she wants is another baby, yeaahhahah"

Nin: mamma, guarda che non vanno mica più di moda le canzoni del 1971


Bumbumbum, tre colpi al cuore da distanza ravvicinata.
Per il Buonumore non c'è stato nulla da fare, ed è spirato immediatamente senza poter essere rianimato. Si attendono gli esiti dell'autopsia.

giovedì 7 luglio 2016

DI STRONZE

No ma la gente è cattiva, mica cozze.
Stronza proprio!
Ne ho prove continue, ma cavoli non riesco mai ad abituarmi alla cosa.
Poi, come nel proverbio, son sempre le acque chete...

Vi racconto.

In azienda da me ci sono alcuni part time. Essenzialmente sono (siamo) tutte lavoratrici madri, a cui è stato concesso anni fa, messo a contratto, formalizzato con l'ispettorato provinciale del lavoro, insomma cose fatte per benino, tutto in regola, con orari e giorni stabiliti, non una cosa lasciata al caso.
Ora io non conosco esattamente i numeri, ma le aziende sono tenute se non mi sbaglio a concedere un certo numero di part time se vengono richiesti, poi una volta raggiunta la quota, è discrezione dell'azienda se concederne altri oppure no. Qui ovviamente è stato no, e sono anni che non ne vengono più concordati. Sapevo che alcune colleghe lo hanno richiesto, e che si sono un po' incattivite a non averlo ottenuto, e guardano noi che l'abbiamo con un misto di invidia e rabbia, ma dopotutto così è, se io i figli li ho fatti prima mica è una colpa.

In questo periodo avrebbe dovuto rientrare dalla maternità una certa A.V., una che abita lontano e che ha sempre avuto difficoltà anche solo a raggiungere l'ufficio per la lunghezza del viaggio. Ora che è madre anche lei, naturalmente, ha chiesto il part time. E anche di lavorare da casa. Considerate che è una che quando si è trattato di turnare sui weekend ha scomodato l'avvocato perchè non voleva lavorare di sabato - peccato che il suo contratto parlasse chiaro, come quello di tutti gli altri. Quindi diciamo che non è una che possa dire "non chiedo mai niente, non rompo le balle, per una volta che domando..."
Una ragazza che a vederla sembra la persona più gentile del creato, mite, silenziosa, poco appariscente, mai un'alzata di voce, mai una parola fuori posto. In pubblico.
Le sue richieste non sono state accolte dalla dirigenza, e lei si è dimessa.

Bene, quello che ho saputo recentemente è che ha chiesto una revisione ufficiale di tutti i contratti part time esistenti, al fine di trovare una magagna che potesse invalidarne qualcuno in modo che ci fosse spazio per il suo. Perché i nostri figli, di noi col part time, ormai hanno più di tre anni e quindi lei non ritiene che abbiamo diritto al rispetto del contratto. Perché dovremmo farci da parte, per far spazio alle nuove mamme. Perché certe persone sono disposte a calpestare chiunque per ottenere quello che vogliono, e non sono in grado di ragionare per astratti: se una cosa è giusta o sbagliata
lo è indipendentemente dal fatto che vada incontro o meno alle tue esigenze personali. Io ho un contratto, stronza,  e non l'ho estorto con le minacce o con gli avvocati, è un contratto valido e inoppugnabile, e non vedo una sola ragione al mondo per la quale non dovrebbe essere rispettato alla lettera.

Certo, il discorso dei tre anni è validissimo: perchè i figli a una certa età vengono soppressi. Ormai il mio piccolo ha quasi 9 anni, è adulto, che bisogno ha di essere preso a scuola o di essere accompagnato agli allenamenti? Piglia la macchina e ci va da solo, no? E sulla strada già che c'è
si ferma all'Esselunga a fare la spesa. Ma porc....

Già ero avvelenata... ma poi ieri è arrivata la sua mail di commiato, un coacervo di autocelebrazione e presunzione che mi ha fatto venire la nausea. Le risposte che le sono giunte, in copia tutta l'azienda naturalmente, talmente infarcite di retorica da farmi lacrimare gli occhi.

Bene, ecco la mia.

Carissima A.,
ho appreso con gioia le notizie riguardanti le tue dimissioni.
Sono davvero spiacente di possedere qualcosa che tu vuoi così strenuamente da cercare di passare sopra le tue colleghe pur di ottenerlo, indipendentemente da chi calpesti. Questo atteggiamento denota non solo stupidità ma anche una bella dose di cattiveria, con buona pace di chi ti elogia per la tua meravigliosa capacità di creare rapporti umani. Umanamente, cara A, sei di una pochezza imbarazzante, e nel salutarti ci tenevo a dirtelo chiaramente. Ma dopotutto non me ne preoccupo perché grazie al cielo, non dovrò vederti di nuovo.
Buona fortuna per tutto, stronza.



mercoledì 6 luglio 2016

FINALE

Tre è il numero perfetto e di solito i miei post pesi vanno in trilogia :-) perciò tranquilli: è l'ultimo.
Volevo innanzitutto ringraziare tutti voi per i vostri interventi che sono stati egualmente illuminanti e fonte di riflessione ed ispirazione.

Quello che ho capito, leggendo voi e altrove, ed anche ricordando i miei adorati testi di psicologia sociale della famiglia:

Ogni Adolescente è a se'

Gli stessi metodi non valgono per tutti gli Adolescenti, ne per lo stesso Adolescente in tutti i momenti (ne per lo stesso Adolescente di 30 secondi in 30 secondi per dirla tutta)

Gli Adolescenti devono staccarsi dalla famiglia per trovare la propria identità separata (per farla breve) e lo fanno tramite una dose a volte imbarazzante di oppositività che può sfociare in comportamenti anche dannosi per la salute (sigarette, Maria, girare in moto in 4 senza casco, saltar giù dal tetto dei garage...) o per i progetti di vita (andare male a scuola, abbandonare lo sport...)

Gli Adolescenti sperimentano una vita emotiva piuttosto variabile che passa molto velocemente dall'euforia e il senso di onnipotenza allo svaccamento più nero e tetro senza apparente motivo

Questo non implica un problema psicologico dell'Adolescente ne' una tara caratteriale che si protrarrà in futuro.

Tuttavia se vedi un Adolesente camminare su un cornicione, è sempre bene farlo scendere, anche con le cattive maniere.

Per un Adolescente le cose che contano principalmente sono qui-e-ora, non dando alcuna importanza al futuro. Nello specifico la vita gira essenzialmente attorno agli amici, e alla scoperta del sesso (pensato o praticato, da soli o in compagnia)

Quanto ai genitori.... vademecum spiccio: resistere, resistere, resistere.

1) Non avere aspettative, non fare paragoni
2) Rispettare gli stati d'animo "ormonali" del sedicenne di turno
3) Adattare i propri comportamenti ai singoli momenti
4) Comprendere, spiegare, parlare
5) Comprendere, spiegare, parlare
6) Comprendere, spiegare, parlare
7) Non essere giudicanti
8) Non essere giudicanti
9) Non essere giudicanti
E se non funziona
10) Una buona dose di maniere forti non ha mai ammazzato nessuno.
11) Una buona dose di maniere forti non ha mai ammazzato nessuno.
12) Una buona dose di maniere forti non ha mai ammazzato nessuno.

Che dite? Ci siamo?

martedì 5 luglio 2016

RICAPITOLANDO

Quindi in buona sostanza:
Gli adolescenti hanno bisogno: di una guida, di una mano sicura, di regole chiare, ma non bisogna stargli troppo addosso.
Hanno bisogno di capire chi sono, ma entro certi limiti.
Gli vanno dati dei paletti certi, ma diamine, devono camminare con le proprie gambe
Devono essere tenuti sotto controllo, ma gli va data fiducia.
Devono crescere, ma non devono sbagliare.

Un povero adolescente, e un povero genitore, che CAZZO deve fare in, soldoni? Idee ne abbiamo? Idee pratiche, terra terra.
Beh io si, a dire il vero. L'idea ce l'ho.

Il mio ideale educativo si basa sul dialogo.
Sulle regole, si, ma condivise.
Su quello che io chiamo "generico buon senso" (sarebbe quello che mi fa pensare che un genitore può proibire la qualunque, ma che quando un figlio è fuori casa non lo vedi e alla fine ha poco senso) che poi magari è una minchiata ma io lo chiamo così lo stesso. Sul fatto che un figlio capisca quello che gli succede intorno e perchè sta succedendo. Sul fatto che partecipi alla sua propria crescita personale. Sul fatto che CI SIA una crescita personale e non solo una serie di azioni fatte perchè imposte. NON si basa, fatte le debite eccezioni, sulla coercizione. Questo significa essere liberali? Boh. Magari si.

Ad esempio per far andare Riccardo bene a scuola potrei proibirgli di vedere la morosa, potrei levargli il cellulare, potrei costringerlo a studiare (o meglio a stare alla scrivania) fino alle dieci di sera senza lasciarlo uscire. Studierebbe, se non altro perchè non avrebbe altro da fare, e probabilmente prenderebbe qualche 8 di più.

Ma cosa IMPAREREBBE realmente? A parte Storia e Geografia?
Io dico che non imparerebbe niente. Non certo l'etica dell'impegno e del lavoro, non certo a dare il meglio di se', non certo a fare il proprio dovere. Perchè non starebbe facendo il proprio dovere: starebbe solo seguendo pedissequamente degli ordini superiori, al fine di evitare ritorsioni - o ritorsioni peggiori. Sarebbe al massimo un buon soldato.
Io però non voglio questo per mio figlio - senza nulla togliere agli ex militari presenti :-D

Io desidero che mio figlio studi perchè si rende conto che quella è la via giusta, che lo faccia per se stesso e per il suo futuro, che si impegni perchè sente di doverlo fare, non perchè si trova costretto. Desidero che cresca e che diventi in grado di autodeterminarsi, oltre che di eseguire semplici sequenze di comandi.
Questo vale per lo studio, ma vale per tutto.

Vale per le sigarette: che senso avrebbe proibirgli di fumare quando può tranquillamente farlo fuori dalla mia vista? Certo che non ha il permesso di farlo, ci mancherebbe. Ma nella pratica, nella PRATICA, che senso ha proibire qualcosa che non puoi verificare? Lui dovrà smettere, dovrà capire e dovrà farlo per sua iniziativa, altrimenti non avrà ne senso, ne tantomeno successo.

Vale per la gestione del tempo: è inutile (benchè io lo abbia fatto e lo farò di nuovo per gli ovvi motivi contingenti) che io gli organizzi la giornata dandogli orari di studio e ore libere secondo quanto io ritengo che sia  necessario e auspicabile. E' lui che autonomamente deve pensare, capire, valutare e darsi una disciplina mentale adatta. Non posso dargliela io. Ovvero, posso, mica no. Risolvo il problema contingente, risolvo quei 5 minuti lì. Ma alla prossima occasione siamo daccapo.

E se non lo fa? Se non impara da solo ad autodeterminarsi, a darsi una disciplina? Se non compie una crescita personale quale io auspico? Beh, la prima conseguenza è perdere l'anno scolastico.
Siamo disposti a fargli perdere un anno per insegnargli una grossa lezione?
Cosa conta di più? Che sia promosso, o che capisca determinate cose di se' stesso e di come funziona il mondo? Alla fine una bella stangata vale più di tante parole. 
Il GG dice che si, siamo disposti. Io pure dico che lo siamo, a livello teorico, ma alla fine non ho abbastanza coraggio, e nella pratica agisco come se dicessi di no. Non mi sarei disperata se lo avessero bocciato a giugno, ma a settembre... mi sembrerebbe davvero uno smacco!

Questa è la via lunga,
E' via per la quale non ho mai punito i miei figli per un capriccio ma gli ho sempre spiegato, mille e mille volte, perchè non dovevano farlo e se ancora non capivano, li lasciavo frignare... ma sempre spiegando. Bla bla bla, la regina dei pipponi. Alla fine hanno smesso di fare i capricci, non per paura della sberla ma perchè hanno compreso che era inutile. Ci ho messo di più della media degli altri genitori? Mah, di alcuni si, di altri no. Ma sono piuttosto convinta che a 4 anni mio figlio - il Ric -  comprendesse cose che altri alla medesima età non comprendevano.

Ed è la via dei pipponi ancora oggi, che mio marito ed io ci troviamo a fare con una certa regolarità. O meglio, io faccio dei pipponi, lui tira fuori dei discorsi motivazionali con i controcazzi!

E noi pensiamo che prima o poi faremo breccia.
Magari ci vorrà un po' ma faremo breccia.


Nel frattempo, purtroppo, ho paura che dovrò cedere alla coercizione, almeno per la parte relativa allo studio estivo. Sono entrata in modalità Generale Pattinson. Non mi appartiene, ma se devo.....

Abbiamo questa tendenza, tutte noi mamme mediamente, a cercare di organizzare la vita dei nostri figli sempre al meglio... a volte è inevitabile ma io ho davvero davvero paura che continuare a farlo gli tolga la possibilità di costruirsi strumenti adeguati ad affrontare la vita.

E la Vita, la vita vera, per un adolescente, è davvero dietro l'angolo.
 
OPPURE
 
Oppure a un testina di quiz di 16 anni vanno semplicemente imposte delle cose, controllato che le faccia, indicati dei comportamenti imprescindibili e punito se non li tiene, con piglio severo e pugno di ferro. E sperare che a furia di fare le cose che gli vengono ordinate capisca come gira il mondo.
Non saprei.

lunedì 4 luglio 2016

DI SOLDI, CASTIGHI E VEDETTA LOMBARDA :-)

E' stata espressa dalla  PAT una lieve preoccupazione riguardo l'eccessiva gentilezza dei recenti commenti del nostro buon amico Vedetta. Questo mi ha dato lo stimolo giusto per pubblicare qualcosa che gli consentirà di ripescare l'ex tredicenne che vive in lui :-D e darci giù di scure - non senza motivo peraltro. Vedetta, tranquillizzami la Pat, via.

(Questi scambi interblog mi piacciono assai, sembriamo un villaggio di comari!)

Orbene, veniamo a noi.

Come sapete giovedì scorso Ric ha chiesto e ottenuto il permesso di avere alcuni amici a dormire da noi (foto nel post di venerdì)

La mattina seguente il Ric doveva portare il NIn in oratorio e poi prender l'autobus per andare a scuola dove sta seguendo i corsi di recupero di matematica.
Alle 8.00 iniziano ad arrivarmi messaggi che non ha soldi per il biglietto e che quindi non va. Non c'è stato modo, pensate: nessuno aveva 3 euro da prestargli manco facendo colletta.

Piiiiiripiiiiii!!

Insomma scambio di messaggi furioso, alla fine la lezione salta.
Non che non ci abbia provato: è arrivato fino alle metro e ha cercato di scavalcare (!). Quello che mi manda in bestia è la mancanza di un minimo di organizzazione, di coscienza.

La sera arrivo a casa carica come una mina e (vi risparmio il pippone) gli dico che:
a) a scopo punitivo, è consegnato in casa fino alla fine del corso
b) a scopo educativo, visto che non sa gestirsi i soldi che gli piovono gratis dal cielo tanto da tenersi il necessario per un biglietto della metro quando gli occorre, da questo momento in avanti, quello che gli serve se lo deve guadagnare lavorando per me.
Lui cerca di dirmi che è colpa mia, perchè sono IO che non gli ho dato i soldi... ma quando gli ho chiesto se voleva che gli frugassi nel portafoglio ogni giorno per capire se aveva soldi, ha subito cambiato versione. Andiamo avanti a discutere per un bel po', non demordo e per esplcitare il concetto gli faccio portar giù pattumiera e tutta la differenziata, pagandolo ben 1 euro. (non vi dico la sua faccia)
Questo, venerdì sera.

Sabato mattina passa senza che lui cerchi di guadagnarsi compensi, sabato pomeriggio niente (e considerate che era a casa consegnato). Domenica mattina mi dice che "deve" andare a messa (!!!!) perché un loro amico, un giovanissimo seminarista che veniva nelle scorse estati in oratorio a dare una mano, è passato da "Jack" a "Don Giacomo" e veniva a celebrare nella nostra chiesa per festeggiare. Jack lo conosco, è un carissimo ragazzo, era diventato molto amico di tutti gli animatori fino a quando non è stato ordinato Diacono e non è più potuto venire da noi. Quindi OK Ci sta. Senza contare che andare a messa per lui è praticamente una punizione doppia.

Noi nel frattempo ci accordiamo con alcuni amici per andare in piscina. Alle 11.30 inizio a telefonargli per vedere a che ora arriva a casa (ormai la messa doveva essere finita) e per un'ora buona non ricevo risposta. Ne io ne il GG riusciamo a metterci in contatto. Incazzati come caimani entrambi facciamo per scendere a cercarlo (anche solo per fargli lo scalpo!) quando finalmente si palesa con una telefonata. Ehhhhh si son in oratorio mangio qui, c'è il pranzo per Jack. E me lo dici alle 12.30 brutto cogl... brutta test.... brutta bestia? Prima di tutto sei consegnato, quindi cosa ti fa pensare di poterti fermare a tuo piacimento. Secondo, era un pranzo in cui tutti portavano qualcosa, tu non hai avvertito quindi stai andando a scrocco a far la figura del barbone! E a farla fare a me!!! Tutti lo sapevano da settimane, come mai tu - dici - di averlo saputo solo stamattina? Bontà del GG, concordano che può fermarsi a pranzo ma che alle 14 deve essere a casa, con tanto di telefonate di verifica a orari random sul numero fisso. Per me, lo portavo in piscina coi bambini per un orecchio.

Prima di uscire passo in cameretta e trovo un pacchetto di sigarette sulla sua scrivania, che sequestro (e mi fumo alla faccia sua) immediatamente. Senza contare che la sera precedente, noi eravamo fuori a vedere la partita con amici, e lui ha ordinato la pizza. Ora, ma se venerdì mattina non aveva i soldi del biglietto, e ne io ne il GG glie ne abbiamo dati, come ha pagato sigarette (vabbè, pacchetto da 10) e pizza??

Idee? Supposizioni Sospetti?

E' presto detto: ha attinto dal salvadanaio di suo fratello.

Cioè, io gli dico che deve guadagnarsi il suo danaro, e lui che fa? Ruba le monetine a un bambino di 9 anni.

IO LO AMMAZZO. TENETEMI PERCHE' LO AMMAZZO.

venerdì 1 luglio 2016

DI HIGHLANDS E FUTURI VIAGGI

Dritta al seguito della mia infatuazione per la saga di Outlander, viene la mia rinnovata passione per le Highlands. Rinnovata perchè la Scozia è il mio sogno da sempre, anche se era stato incassettato.
Ora ho deciso di programmare un viaggio per la prossima (tarda) primavera, un tour di quelli con tutti i sacrissimi crismi, che mi porti in almeno una decina di giorni a visitare la Scozia in lungo e in largo. Angolo di te stessa :-)  amica viaggiatrice, non dubitare che ti chiederò qualche dritta...

La Scozia è, in parte, incontaminata e selvaggia.




Vanta alcune delle più belle città d'Europa, Edimburgo e Glasgow, e molti straordinari castelli
In rappresentanza ecco Castel Fraser :-)



E per una nerd senza speranza come me ha anche attrattive legate ad altre mie passioni, come per esempio il "vero" treno per Hogwarts, come vedete qui sotto, nei dintorni della cittadina di Glenfinnan - dove pare peraltro che l'antico cimitero abbia ospiti dai nomi sospettosamente simili a quelli che la zia JK ha utilizzato per i suoi romanzi.



La Scozia, non chiedetemi perchè, è per me sempre stato sinonimo di libertà, aria, spazio infinito, bellezza selvaggia e - vi sembrerà strano - punto di contatto con la Natura e col Divino.

Finanche la musica celtica, anche se l'ascolto nel salotto di casa, mi trasporta immediatamente in una sorta di dimensione altra dove ghirlande di fiori si posano sui miei capelli e campanelli tintinnano alle mie caviglie, mentre danzo dentro un cerchio di pietre per onorare la Vergine, la Madre e l'Anziana.



E non è che io ne conosca la storia, anzi.
Ne so poco e nulla. E peraltro dubito che i Clan fossero quel meraviglioso luogo di lealtà e coraggio e che la ribellione Giacobita quel disinteressato anelito di libertà che le mie recenti letture vorrebbero in qualche modo presentare Tuttavia una sosta al campo di battaglia di Culloden non potrà mancare, perchè comunque chi combatte per il diritto all'autodeterminazione va onorato.

E' più, non so, una cosa di pelle.
Come se sentissi che in qualche modo quella terra mi appartiene... o meglio, io a lei.

Chissà forse in un'altra vita ero la moglie di un laird.
Spiegherebbe perchè ho sposato un uomo che il 100% delle persone che incontriamo fuori dall'Italia scambia per scozzese :-)

DI FESTINI

Ebbene, oggi vorrei condividere con voi lo stato della mia sala stamattina alle ore 7:30.




I ragazzi hanno fatto festa ieri sera.

Si sono abbarbicati in 6 in un divano letto e penso che siano riusciti a dormire quel paio di orette buone. Quando sono andata a sbrandarli avevano tutti quanti la consistenza delle meduse sul bagnasciuga.

Hanno assaltato il mio mobiletto della colazione (mi ero ampiamente premunita) e credo che verso le 8 siano spariti tutti da casa. Io ero già uscita. Forse hanno persino accompagnato il Nin in oratorio - essendo tutti animatori, la speranza è fondata.

Come dico sempre... meglio da me che in giro.
Ora non mi resta che tornare, e constatare in che stato hanno lasciato la casa uscendo.
Speriamo bene.