mercoledì 13 luglio 2016

LA RAGAZZA DANESE

Lunedì sera,  con molto ritardo, sono finalmente riuscita a vedere The Danish Girl.



Una di quelle opere che "vanno viste", al pari di certi quadri e taluni libri dai quali non si può prescindere. Le critiche erano state entusiastiche su tutti i fronti e sapevo quindi che stavo per vedere qualcosa di davvero bello, ma non ero assolutamente preparata alla dolcezza e alla delicatezza di questo film praticamente senza colonna sonora, che è totalmente meraviglioso. Una bomboniera, mi verrebbe da dire, da guardare con giudizio, per non sciuparlo.


La storia è nota, ed è quella della presa di coscienza del giovane pittore Einar Wegener riguardo la propria sessualità e della sua battaglia per diventare Lili Elbe. Battaglia che vincerà, ma che le costerà la vita.


Il tema è chiaramente quantomai attuale e significativo il modo in cui è stato girato il film, senza fronzoli senza storpiature romantiche, in maniera molto vivida. La scena in cui Einar si spechia, nudo, nascondendo il suo organo genitale in mezzo alle gambe per sembrare donna secondo me è davvero forte, come un pugno nello stomaco, perchè più di tante altre ti porta dentro il centro del dolore di una persona che ritiene di essere nata in un corpo che non le appartiene. E l'espressione del viso che Redmayne riesce a conferire al protagonista, ancora di più implica la trasformazione in atto: preoccupata, ansiosa prima e via via più tranquilla, gioiosa, estatica mano a mano che lo specchio rimanda una figura sempre più simile ad una donna. Il lento riconoscimento di se stessi: si, io sono questa.  E' Dio che mi ha fatto donna - dirà Lili dopo la prima operazione - il dottore sta solo curando la mia patologia, rappresentata dal mio aspetto maschile.


Due cose mi hanno colpito di questo film.
La prima è la straordinaria bravura di Eddy Redmayne, che passa con assoluta noncuranza e facilità dall'essere una donna intrappolata in un corpo maschile, un uomo immobile e storpiato dalla malattia sulla sua sedia a rotelle, un giovane mago alle prese con creature che nessun babbano vorrebbe mai vedere. Persone e personaggi che nulla hanno a che fare l'uno con l'altro, e tutti ugualmente credibili.



La seconda invece sono i piccoli dettagli, che accompagnano il fim sottolineando il passaggio da Einar a Lili. La narrazione ne è letteralmente disseminata. Una movenza della mano di Einar, un po' più femminile di quanto ci si aspetterebbe, anche prima della comparsa di Lili. Uno sfioro distratto di un suo dito su un abito di seta. Uno sguardo lievemente più obliquo: non sta guardando la moglie ma le scarpe che indossa. Lili è già dentro Einar, Lili c'è da sempre. Solo il caso, le circostanze, l'hanno fatta (ri)emergere ed una volta in superficie Einar soccombe, non può più mandarla via. Lili prende il sopravvento poco per volta, ma inesorabilmente. E' insopprimibile.

Poi è vero: probabilmente la vera battaglia interiore di Einar/Lili non c'è proprio tutta. Immagino che ci siano stati anche molti momenti bui, ma bui parecchio, che nel film non vengono particolarmente sottolineati, preferendo evidentemente la via di un più fruibile "politically correct". Il che potrebbe essere considerato un difetto, ma che secondo me ha il vantaggio di lasciare il film ad un pubblico più vasto che (al di la delle ovvie considerazioni economiche) - è un bel vantaggio considerando il tema così delicato. Far trasparire l'umanità della persona, più che i suoi inevitabili mostri interiori, è stata secondo me una scelta saggia. Il film è delicato, come dicevo, quasi sommesso, come ingentilito da una sorta di velo di tulle che sfuma i suoi momenti più tragici, e per questo è vedibilissimo anche da persone non ancora adulte, le quali anzi potranno trarne supunto di riflessione molto più di chi una propria idea sull'argometno ce l'ha già.  

Ma questa è anche la storia di Gerda, la moglie di Einer, che rimane sempre accaanto alla persona che ha sposato, anche durante la difficile transizione. E' forse, ancora più di Lili, il personaggio chiave della vicenda. Che ne sarebbe stato di Einar, senza il supporto della moglie? Sarebbe rimasto
in balia dei vari medici che all'epoca lo diagnosticarono deviante e schizofrenico, sottoponendolo a varie terapie per estirpare Lili dalla sua mente? Gerda aiuta Lili ad emergere riconoscendo semplicemnte la sua esistenza. Non la considera una malattia o una devianza. La accetta, per quella che è. Serenamente? Beh forse no. Immagino di no. Però lo fa, e che sia per amore di Einar, per amicizia verso Lili o per pietà verso entrambi, non ha tutta questa importanza. La cosa straordinaria è che Gerda si rivolge allo stesso essere umano chiamandolo di volta in volta Einer o Lili, a seconda di chi si rende conto di avere davanti. All'inizio come gioco, ma poi anche nella vita vera, nella quotidianità.  E' una cosa per la quale, secondo me,  ci vuole una forza inumana.



E mi sono domandata, ce l'avrei, io, quella forza?

2 commenti:

  1. Scusa Andretta, devo fare la maestrina (deformazione professionale, che vuoi farci): L'attore, seppur bravissimo, non mi pare abbia vinto l'oscar, che se ricordi, questa volta è andato a Di Caprio. Nella stessa frase, c'è poi una h di troppo :D
    Comunque anche a me è piaciuto molto :)

    Elisa

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  2. Hai ragione l'Oscar lo ha vinto x La Teoria del Tutto!

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