Nei giorni successivi mi disposi nuovamente a disintossicarmi dalla presenza di Alyssa. Non senza vergogna, la sera della nostra chiacchierata non avevo potuto prendere sonno e mi ero rivoltato nel letto fino quasi all'alba senza potermi togliere la sua immagine dalla mente. Ero in preda a una insana smania, al desiderio, e alla confusione. Alla fine, esasperato, ero uscito e avevo camminato a lungo, da solo, nell'aria fredda dell'ora che precede il sorgere del sole. La mia prima intenzione era stata quella di cercare una donna, ma era impensabile che ogni nostra conversazione dovesse terminare con me in fregola che correvo verso il letto di una prostituta. Era inaccettabile il modo in cui mi ero lasciato soggiogare. Andava contro tutti gli insegnamenti che avevo ricevuto durante il mio addestramento. Lucidità, fierezza, distacco. Dove erano? Dove era la mia determinazione? Ero un uomo, ma stavo dimostrando la forza di volontà di una ragazzina.
Sapevo che avrei dovuto vergognarmene. E tuttavia... tuttavia non mi vergognavo. Anzi, mi sentivo stranamente gioioso, quasi euforico, mentre l'aria gelida del mattino mi faceva accaponare la pelle, raffreddando i miei bollenti spiriti e schiarendomi la mente. Ed era bene che fosse lucida, perchè avevo un gran bisogno di pensare con calma alla situazione a cui mi ero esposto.
Prima di tutto, cosa ne sapevo io del legame tra un uomo e una donna? Non avevo conosciuto che prostitute, e mi era sempre stato bene così. Non avevo mai sentito il l'esigenza di avere una relazione profonda con una donna, probabilmente perchè ero cresciuto con la certezza che avrei avuto una vita violenta e breve. La mia stessa esperienza me lo confermava: mio padre aveva lascito una vedova, e tre orfani. Tuttavia, sapevo che mio padre aveva amato profondamente mia madre, contro ogni buon senso, ed aveva continuato ad amarla fino all'ultimo giorno della sua vita. E non si poteva certo dire che fosse un uomo che non ragionava lucidamente. Quindi doveva aver valutato attentamente la sitauzione, e aver deciso che averla accanto fosse preferibile che lasciarla. Certo per loro era stato diverso, almeno all'inizio. Erano guerrieri entrambi, in un certo senso erano alla pari: entrambi correvano gli stessi rischi, entrambi potevano non tornare. Ma quando Linn era rimasta incinta ed aveva smesso di andare in battaglia, mio padre avrebbe dovuto lasciarla, provvedere mio sostentamento ma non vivere con noi come una famiglia. Invece aveva infranto la regola, beh era più una consuetudine che una legge vera e propria, e aveva stabilito la sua dimora con noi. Non so se questo avesse provocato scandalo a quei tempi o se i miei genitori fossero stati oggetto di ostracismo di qualche genere, ma lo ritenevo poco probabile.
Per quanto mi riguardava, avevo amato infinitametne averlo intorno, quando ero piccolo. Mi ero sentito molto fortunato perchè Kjell era l'unico tra tutti i guerrieri che vivesse col proprio figlio, e quel figlio ero io, proprio io. Kjell era un uomo fiero, possente, deciso e autoritario, ma anche molto gioioso. Giocava con noi bambini ogni volta che i suoi impegni glie lo consentivano, o ogni volta che mia madre lo cacciava fuori casa fingendosi indignata per qualche scherzo che le aveva fatto. Rideva molto, e non avendolo mai visto combattere è questo che ricordo principalmente di lui. Rideva più di chiunque altro. Ma la cosa principale che avevo sempre saputo di lui era che se avrebbe dato una mano per noi figli, o magari tutte due, la luce dei suoi occhi restava sempre e comunque mia madre. Kjell viveva per lei, in un modo così totale ed appassionato che da piccolo ne ero stato quasi geloso. Per mio padre il sole nasceva e tramontava sul viso di Linn. Erano compagni, amanti, amici, erano tutto quanto due persone possano essere l'uno per l'altra. Per me, che vivevo con loro, era molto evidente. Forse all'esterno traspariva meno, Kjell doveva pur mantenere la sua integrità di guerriero, e di certo non avrebbe apprezzato scherzi e lazzi sulla sua peculiare situazione famiglaire, ma tra le pareti domestiche erano come due ragazzini al primo amore. La notte li sentivo bisbigliare, sapevo che mio padre le chiedeva consiglio su tutte le questioni importanti e non prendeva mai una decisione senza consultarla. Poi i bisbiglii si trasformavano in risate, e le risate in gemiti soffocati. La passione che li univa non si era mai affievolita, e io mi ero chiesto spesso, da ragazzo, se sarei stato così fortunato da incontare una donna che mi facesse sentire completo come mia madre faceva sentire mio padre. Avevo anche prgato Freya per questo, una volta o due. Prima di cominciare l'addestramento, ovviamente. E a quanto pare, Freya aveva deciso che era giunto il momento di rispondere alle mie preghiere, inaspettatamente, in un momento che non avrebbe potuto essere meno adatto, e con diversi anni di ritardo. Ah Freya, grande, magnifica madre! Il tuo senso dell'umorismo è decisamente insolito, nessuno te l'ha mai fatto notare?
E quindi era così... mentre il cielo schiariva lentamente per il sorgere del sole e i primi uccelli mattutini cominciavano ad intonare il loro canto di benvenuto al nuovo giorno, mi ero infine dovuto arrendere all'evidenza: ero innamorato di quella donna.
Cosa avrei dovuto fare? I miei pensirei saltavano continuamente tra la necessità di togliermela dalla testa e il desiderio di averla. Kjell aveva mantenuto il suo status e il suo ruolo, pur amando mia madre, ed il Padre Odino era un grande guerriero, pur avendo famiglia. Non mi sentivo degno al momento di nessuno dei due, ma sicuramente questo significava che forse potevo almeno provare a percorrere anche io quella strada.
Sfortunatametne c'era anche il problema del sangue. Lei era una prigioniera di guerra, non una della nostra gente... ma dopotutto non era nemmeno di Lokturn. Lo aveva detto, no? Era una guaritrice itinerante, non era legata ad alcun popolo in particolare. Era una nomade, una senza tribù. Chissà se le sarebbe piaciuto fermarsi, stabilirsi in un luogo senza più viaggiare. Non era realmente una nemica, anche se era stata catturata durante un'azione di guerra, e a quanto mi aveva raccontato la sua famiglia non avrebbe costituito un problema. C'era quindi una possibilità per me di farmi avanti? Per il possente Thor, stavo davvero considerando la possibilità di corteggiarla? Ormai non potevo più negare che il mio cuore lo desiderasse profondamente.
Dunque, disintossicarmi da lei non era lo scopo che avrei dovuto dunque perseguire. Ma quale direzione dovevo prendere? Camminavo mio malgrado su un terreno poco famigliare, non avendo mai preso in considerazione prima l'idea di legarmi in modo permanente ad una donna, e qualunque guerriero sa che chi combatte su un terreno sconosciuto, è destinato inesorabilmente alla sconfitta. Cominciai perciò a pensare come uno stratega, e mi rilassai quando mi resi conto che potevo considerasre la mia infatuazione come una campagna militare nella quale Alyssa era l'avversario da conquistare. Dovevo agire di conseguenza. In quello, ero decisamente esperto. Il mio primo obiettivo doveva essere conoscere il mio campo di battaglia, il che significava che la cosa più sensata cui potessi dedicarmi era continuare frequentarla e cercare di capirla, e naturalmente farmi conoscere da lei.
A questo pensiero, il mio stomaco traditore fece una capriola.
Mantenendo fede alla mia strategia, presi a frequentare la zona degli schiavi ogni qual volta ne avessi la possibilità. Viki ne era entusiasta, credo che dopotutto mi avesse preso in simpatia. Forse mi considerava una specie di fratello maggiore, nonostante la situazione. Da parte mia non facevo nulla per cambiare questo stato di cose, anzi la incoraggiavo portandole spesso qualche piccolo dono: un dolce cucinato da mia madre, un fiore raccolto sulla strada, un piccolo utensile o pettine che poteva servirle nel suo sempre più consolidato ruolo di pettinatrice del villaggio. Non portavo mai nulla per Alyssa, tuttavia lei aveva cominciato a guardarmi con quella che mi parve se non una cauta simpatia, almeno non un completo disprezzo. Quantomeno, non fulminava più Viki con gli occhi ogni volta che mi si avvicinava. Era pur sempre un inizio.
Sembrava aver preso molto sul serio il mio consiglio di rendere utile e gratificante la sua permanenza nel nostro villaggio. Dopo la nostra conversazione il suo sguardo aveva perso la vacuità ed il disinteresse che era andato acquisendo ed era tornato limpido, acuto, penetrante. Il motivo era quantomai evidente: aveva cominciato a lavorare come guaritrice. Inizialmente aveva curato gli schiavi, i quali peraltro si rivolgevano a lei non solo per i piccoli disturbi o incidenti della vita quotidiana, ma anche per avere consigli su faccende che riguardvano l'organizzazione del lavoro e la suddivisione dei compiti. Ah, come mi secca aver sempre ragione! Era incredibilmente indaffarata, e non appena si diffuse la voce delle sue abilità, cominciarono ad arrivare pazienti da tutto il villaggio. Per la maggior parte le sue cure erano dedicate a riparare le piccole abrasioni che i bambini si procuravano giocando, a calmare accessi di tosse, a curare tagli e bernoccoli di vario genere che gli uomini rimediavano nello svolgimento delle proprie mansioni abuituali. Da quando avevamo cominciato a maneggiare il legno per la palizzata, inoltre, c'era stato un notevole incremento di incidenti dovuti a schegge conficcate nelle mani e nelle gambe, ed in un caso in persino un occhio, il che aveva richiesto un intervento piuttosto delicato da parte di Alyssa che aveva estratto la scheggia con estrema cautela utilizzando delle pinzette metalliche, e aveva poi pulito accuratamente e bendato l'occhio ferito. Non era ancora chiaro se la vista si sarebbe mantenuta, ma mi sembrava già un gran risultato che Bjorn non avesse avuto la febbre dopo l'incidente e che la sua faccia non si fosse arrossata e gonfiata in seguito all'infezione. Avevo notato il particolare strumento col quale era stata estratta la scheggia e mi riproponevo di domandare ad Alyssa dove l'avesse preso.
Bjorn era stato il primo a passare la notte all'accampamento degli schiavi come paziente.
Alyssa aveva allestito una branda appena fuori dal capanno, e aveva posto accanto ad essa una quantità di acqua tiepida, alcune erbe, ed aveva acceso un piccolo fuoco, delimitato da alcune pietre poste in circolo. Aveva portato fuori alcune pelli del suo giaciglio e si era accoccolata acanto al malato dormiente, per poterlo sorvegliare in caso si fosse alzata la febbre nella notte. Mi ero accostato a lei poco dopo il sorgere della luna, con la scusa di chiedere notizie del mio amico, sperando di poterle parlare con calma e senza troppa gente intorno.
Mi sedetti accanto a lei un po' discosto dalle pelli, con il viso verso il fuoco. Il calore mi faceva bruciare leggermente gli occhi e mi arrossava la pelle, il che era un bene considerando lo scarso autocontrollo che dimostravo in sua presenza. Mi ero, mio malgrado, abbigliato con grande cura, indossando i miei vestiti migliori. Lei aveva sciolto i capelli, mantenendo solo una piccola forcina all'estremità della testa che le raccoglieva i riccioli che altrimenti le sarebbeo caduti davanti agli occhi. Aveva l'aria stanca, bisogna ammetterlo, ma questo non diminuiva minimamente il suo fascino. Le mani si muovevano incessantemente, laboriose, e gli occhi illuminati dal falò sembrava emanassero piccoli bagliori screziati. Minuscole lentiggini erano comparse sul suo naso, effetto del sole degli ultimi giorni, e la sua pelle non era più così bianca come quando l'avevo conosciuta, ma aveva assunto un tono lievemente più ambrato che faceva risaltare ancora di più il colore straordinario dei suoi occhi. La posizione in cui era seduta, con un braccio appoggiato dietro la schiena per sostenersi e le gambe ripiegate sotto di se, faceva risaltare intollerabilmente le sue forme, che sembravano danzare per effetto del tremolio delle ombre causato dal fuoco. Nel complesso, era di una bellezza che doleva agli occhi.
- Bjorn sta abastanza bene - aveva risposto alla mia domanda - e se è venuto qui subito dopo l'incidente non dovrebbero esserci problemi, perchè ho pulito la ferita a fondo. Invece se ha atteso, è possibile che alcune schegge molto piccole siano penetrate fino a dove non posso ne vederle ne togliere ed in quel caso avrà una grave infezione e sarà fortunato se perderà soltanto l'occhio. Questi - aveva indicato due mazzetti essiccati accanto al fuoco - servono per la febbre. Ma spero di non doverli usare.
Mi colpì la sua sicurezza e competenza, ed era chiaro che quel lavoro la rendeva felice. La sua espressione faceva chiaramente intendere che si trovasse nel suo elemento naturale, come me quando intagliavo il legno. Decisi quindi di continuare su quella strada.
- Ho notato che hai usato una strana minuscola pinza per estrarre la scheggia. Dove l'hai presa?
- Me la sono fatta fare da Fiodr, il fabbro. Gli ho spiegato cosa volevo e lui me l'ha fatta. Ho curato suo figlio per la tosse la scorsa settimana, sai, quindi non è stato difficile convincerlo, anche se ho fatto molta fatica a spiegargli esattamente che tipo di utensile gli stavo chiedendo. Con tutte le schegge che vi prendete, voi boscaioli - mi guardò da sotto con un evidente sorriso negli occchi - avevo bisogno di uno strumento per riuscire a togliere anche le più piccole. Vorrei avere qui la mia cassetta di attrezzi! E' tutto molto più semplice quando puoi contare sugli strumenti adatti. - sospirò - Spero solo che Elvind ne sappia fare buon uso - aggiunse leggermente accigliata.
Una cassetta piena di strumenti da guaritore? Non avevo mai sentito nulla di simile, ma questo mi diede un'idea.
- Anche la mancanza di erbe mi preoccupa molto - continuò - Questo villaggio non ha mai avuto un guaritore? Come fate d'inverno, senza tisane e cataplasmi? Come curate i vermi, il catarro, le febbri, le intossicazioni? Non ho trovato nessuno, nemmeno una donna, che avesse una scorta anche minima di erbe curative!
Un'altra idea. Di bene in meglio.
- Siete un popolo barbaro ed incivile, caro il mio Erik - esclamò con convinzione - cosa fate quando vi ferite ad una gamba o a un braccio? Vi affidate ad un guerriero perchè ve la tagli con una scure rovente?
Curiosamente non era andata lontana dalla verità.
Sorrisi della sua veemenza e stavo per risponderle con altrettanta vivacità, quando Bjorn si lamentò nel sonno. Alyssa gli fu subito accanto, una mano sulla fronte e una sul petto per verificare la temperatura ed il battito del cuore. Si rilassò immediatamente.
- Tutto a posto - mi disse - la sua pelle è fresca e umida, ed il suo cuore lento e regolre - lo guardò come una madre potrebbe guardare il suo bambino mentre dorme - è un uomo forte e vigoroso. Ho fiducia che guarirà presto e completamente.
Parlammmo ancora qualche minuto di cose di poca importanza, e mi congedai poco dopo.
Lei mi salutò poggiandomi distrattamente una mano sul braccio e ringraziandomi per averle fatto compagnia mentre vegliava il malato, cosa che mi fece assurdamente piacere. Me ne andai provando un senso di benessere e un fremito di anticipazione nelle ossa. Stavo facendo progressi, ora sapevo cosa le piaceva, cosa la rendeva felice, e in cosa era davvero brava. Cominciavo a conoscere il terreno.
Sulla via per casa mia feci una deviazione per la dimora di Fiodr. Era piuttosto tardi ma contavo di trovarlo ancora sveglio. Bussai vigorosamente.
Fiodr aprì con un'aria trafelata e sorpresa.
- Erik, mio buon amico, cosa ti porta sulla mia soglia ad un'ora così tarda? E' accaduto qualcosa? Ti occorre una nuova spada? - il suo tono era preoccupato, più che seccato per l'ora. Dall'interno filtrava la luce di una candela e potevo vedere le pellicce arruffate e la sua donna, seminuda, che guardava accigliata verso di noi. A quanto pare ero arrivato in un momento poco opportuno.
- Buonasera Fiodr, perdonami l'interruzione - ammiccai - no, non sono qui per una spada. Ho bisogno che tu mi faccia un favore. Domani vorrei che ti recassi al capanno degli schiavi e parlassi con la mia schiava, Alyssa - sottolineai di proposito che era mia - Vorrei che le chiedessi quali attrezzi le occorrono per il suo lavoro di guaritrice, e che glie li fabbricassi il più rapidamente possibile.
Se la sua espressione era sorpresa prima, ora il suo viso era chiaramente sconvolto.
- Stai scherzando, spero. E perchè mai dovrei lavorare per una schiava?
- Perchè le occorrono gli strumenti, Fiodr. E perchè io ti pagherò per questo.
Sentendo parlare di pagamento, si ammorbidì... un pochino
- Quella donna è una spina nel fianco Erik! Per quelle pinzette che le ho fatto mi ha dato il tormento per ore, non andavano mai bene, erano troppo grosse o troppo a punta o chissà che altro...
Sorrisi immaginando esattamente la scena di Alyssa che perseguitava il povero Fiodr e me ne andai divertito, aggiungendo solo "Domani amico mio, ti ringrazio" e udendo la porta che veniva platealmente sbattuta alle mie spalle.
Puff non dirmi che finisce qui e non ha un seguito :(
RispondiEliminaMaira